Si chiamano Ngs (Next Generation Sequencing) e possono migliorare l’aspettativa di vita dei pazienti.
Scoprire la “carta d’identità” del tumore al polmone con innovativi test genetici aiuta a migliorare l’aspettativa di vita dei pazienti perché permette la scelta di terapie di precisione che stanno entrando sempre di sempre di piùNgs nell’arsenale farmaceutico contro i carcinomi. L’accesso, però, non è omogeneo e nel nostro Paese un adenocarcinoma su due non viene ancora “fotografato” geneticamente, come invece sarebbe possibile. Se n’è parlato all’incontro “Nuove strategie per la lotta ai tumori del polmone”, organizzato da The European House Ambrosetti con il contributo non condizionante di Amgen.
C’è una nuova arma diagnostica per combattere il tumore al polmone, al terzo posto per diffusione con 41mila casi nel 2020, e al primo come causa di morte con 34 mila decessi annui in Italia: gli innovativi test Ngs (Next Generation Sequencing), che consentono una valutazione simultanea di decine di alterazioni genetiche sui carcinomi polmonari non a piccole cellule. Nel caso del tumore al polmone sono importanti perché si tratta della neoplasia con il più alto numero di mutazioni identificabili e perché sono difficili prelievi di tessuto utili a rivelare le diverse mutazioni.
“Meno del 40% dei nostri laboratori di biologia molecolare usa attualmente NGS nella routine diagnostica quotidiana – evidenzia Marcello Tiseo, professore associato di Oncologia all’Università di Parma –. Nella maggioranza delle strutture viene eseguito uno studio molecolare di base. Quindi il 50% dei tumori polmonari non a piccole cellule rischia di non venire adeguatamente caratterizzato da un punto di vista molecolare. Un aspetto non secondario, se si considera che la sopravvivenza a cinque anni (attualmente del 16%) sta aumentando proprio per i trattamenti con i farmaci a target, più efficaci e meglio tollerati dai pazienti”.
La ricerca ha scoperto infatti mutazioni genetiche che possono essere presenti nel 60% dei tumori al polmone non a piccole cellule. Ed è possibile impostare in quattro casi su dieci terapie mirate. “È auspicabile – spiega Renato Franco, della Società italiana di anatomia patologica e citopatologia diagnostica – aumentare il numero di laboratori di biologia molecolare in grado di avvalersi di questa tecnologia, distribuendoli equamente sul territorio”. I test potrebbero inoltre rappresentare anche un risparmio per il Sistema sanitario nazionale. Il Parlamento ha poi approvato due mozioni in cui si prevede anche un finanziamento dei test sull’esempio europeo.
Redazione Nurse Times
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