A breve sarà approvata una delibera sulla riorganizzazione delle emergenze-urgenze per decongestionare gli ospedali.
Attese lunghe, lunghissime. Ore a scrutare il tabellone con numeri e colori. La coda al pronto soccorso, anche in una Regione di primo livello in Lombardia, è inevitabile, soprattutto nelle ore notturne e nei weekend. Il motivo è presto detto: nella sala d’attesa la stragrande maggioranza dei pazienti non ci dovrebbe essere. Stando ai dati ufficiali della Regione, il 70% degli accessi riguarda persone in codice bianco (ovvero pazienti con patologie lievi, che potrebbero essere tranquillamente presi in carico dai medici di base) e in codice verde (con traumi e dolori che necessitano di cure, ma non compromettono le funzioni vitali).
Sono situazioni in cui non c’è urgenza, ma il paziente non ha strade alternative per essere visitato e dunque va in ospedale e intasa inconsapevolmente il pronto soccorso. Ecco perché il Pirellone sta accelerando la rivoluzione dell’assistenza: oltre alle misure sperimentali già approvate nei mesi scorsi, a ottobre sarà approvata una delibera sulla riorganizzazione delle emergenze-urgenze, che aprirà la strada all’apertura di ambulatori riservati ai codici bianchi in tutta la Lombardia. Oggi sono già presenti alcuni ambulatori riservati ai bisogni non acuti – da Varese a Treviglio -, ma adesso ogni azienda sanitaria locale sarà invitata a istituire il prima possibile degli spazi per alleggerire le attese dei pronto soccorso.
«Per decongestionare i pronto soccorso stiamo mettendo in campo una pluralità di interventi – spiega l’assessore regionale al Welfare, Giulio Gallera –. Con la riorganizzazione ridurremo la percentuale di accessi non necessari: l’obiettivo nel tempo è di dimezzarla».
Un altro sentiero per tagliare le code in ospedale riguarda i servizi per i malati cronici: la riforma sanitaria lombarda, avviata già da qualche anno, prevede la presa in carico del paziente attraverso i piani di assistenza individuale. Gradualmente, questo consentirà di rafforzare una rete di assistenza, bypassando i pronto soccorso per le situazioni non urgenti. Poi ci sono le degenze di comunità, ovvero strutture che erogano interventi sanitari a bassa intensità – in particolare per gli anziani – non gestibili a domicilio. Consentono di assistere il paziente in situazioni non gravi per un paio di giorni. A Milano questo percorso è già attivo al “Sacco”, dove i pazienti sono dirottati al “Trivulzio” senza passare dal pronto soccorso, e al San Paolo.
Sempre nel capoluogo lombardo, Gallera annuncia che «il poliambulatorio di via Rugabella, nato per rispondere all’afflusso turistico di Expo, presto diventerà una struttura dedicata proprio ai bisogni non acuti». Per completare il mosaico di alternative all’imbuto ospedaliero, saranno anche progressivamente potenziati i Presst e i Pot. Sigle che nelle intenzioni della Regione dovranno essere sempre più conosciute dai cittadini: i primi sono i presidi socio-sanitari territoriali, con ambulatori specialistici e infermieristici, in grado di offrire proprio il servizio di continuità assistenziale quando il proprio medico non c’è.
Il presidio ospedaliero territoriale – in provincia di Milano ce n’è uno a Bollate con ottimi risultati – offre un livello di assistenza più complesso in raccordo con i medici e gli ospedali del territorio. Nella delibera di ottobre del Pirellone sarà inserita anche l’estensione del nuovo numero unico per la guardia medica (116.117).
Le Ats, infine, si stanno attrezzando con centrali operative uniche che rispondono ai servizi di continuità assistenziale per garantire ai cittadini un punto di riferimento complementare al servizio di medicina generale e ai pediatri. «Ci vorrà sicuramente del tempo – conclude Gallera –, ma la decongestione dei pronto soccorso è una delle priorità della Regione Lombardia». Il tutto in attesa dell’autonomia, che darebbe al Pirellone la possibilità di assumere i medici necessari, aggirando i vincoli fuori tempo imposti dal Governo centrale.
Redazione Nurse Times
Fonte: Libero
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