Uno strumento innovativo permetterà di “comunicare” coi bebè sottoposti a cure mediche. L’esperimento è stato condotto con successo nel reparto di Neonatologia dell’ospedale Mauriziano.
Grazie a un rivoluzionario metodo che sfrutterà la tecnologia bluetooth e uno smartphone sarà possibile monitorare costantemente diversi parametri. Dolore, frequenza cardiaca e frequenza respiratoria nel neonato prematuro potranno essere costantemente tenuti sotto controllo.
L’esperimento è già stato condotto con successo all’ospedale Mauriziano di Torino e i risultati sono stati presentati nei giorni scorsi a Barcellona. Medici, infermieri pediatrici e ingegneri dell’Istituto superiore “Mario Boella”, ma pure statistici del dipartimento di Matematica ed epidemiologi del dipartimento di Scienze cliniche e biologiche dell’Università degli Studi piemontese, hanno ricevuto un’importante onorificenza in tale occasione.
Frequentemente i neonati prematuri ricoverati in terapia intensiva sono sottoposti a procedure dolorose e la loro incapacità nel comunicare verbalmente rende particolarmente difficile valutare l’entità del dolore. Valutare e trattare adeguatamente il dolore nel neonato è necessario non solo per motivazioni etiche o legislative.
È scientificamente dimostrato come il dolore ripetitivo in una fase precoce dello sviluppo del sistema nervoso possa comportare effetti dannosi a breve e lungo termine. La persona potrebbe così manifestare una ridotta soglia del dolore in età adulta. I dati preliminari del progetto sono stati presentati al Congresso Internazionale di Ricerca Bioinformatica (ICBRA 2017) che si è svolto a Barcellona. I partecipanti hanno ricevuto il Premio come migliore contributo scientifico.
Affermano i neonatologi del Mauriziano: “Crediamo molto in questo progetto, che ha visto la collaborazione multidisciplinare di molte figure professionali. Le ringraziamo per l’entusiasmo con cui si sono avvicinate ai nostri piccoli pazienti. Ci teniamo a sottolineare come l’obiettivo finale che ci prefiggiamo non sia sostituire il medico o l’infermiere pediatrico nell’assistenza al piccolo malato, ma mettere la tecnologia al servizio del clinico, affinché possa dedicarsi con maggiore empatia e dedizione al neonato”.
Simone Gussoni
Fonte: Ansa
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