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Riceviamo la tesi sperimentale della dott.ssa Luciana Strippoli, dissertata presso l’Università Degli Studi di Bari.
Gentile Direttore di NurseTimes,
vorrei proporre ai suoi lettori il mio lavoro di tesi sperimentale dal titolo “Analisi conoscitiva sulla percezione di assistenza tra l’infermiere uomo e donna presso l’U.O. di Ginecologia e Ostetricia”
Abstract
“Genere”, termine che deriva dal latino ‘’genus’’, indica le differenze socialmente e culturalmente costruite attorno all’identità femminile e a quella maschile, spesso partendo dalle diversità biologiche e fisiche, in particolar modo quelle riproduttive, prese a pretesto per fondare un’opposizione di caratteri, predisposizioni, aspetti psicologici e comportamentali, a loro volta finalizzati a realizzare e perpetuare, nella maggior parte dei casi, un rapporto di potere e una gerarchia di ruoli. Il processo di costruzione dell’identità di genere «va nella direzione di riuscire a dare un’immagine di noi stessi che sia convincente e al tempo stesso in linea con le richieste e le aspettative altrui, sia con le nostre aspirazioni e inclinazioni» (Ruspini, 2003).
Da qui deriva il fatto che ci si aspetti che ciascun genere possa adempiere nella società ai ‘’propri ruoli’’.
Con ruoli di genere intendiamo «modelli che includono comportamenti, doveri, responsabilità e aspettative connessi alla condizione femminile e maschile e oggetto di aspettative sociali: ad essi donne e uomini sono chiamati a conformarsi».
Essi sono anche «modalità con cui, attraverso i comportamenti verbali e non verbali, si esprime a sé stessi e agli altri il genere cui si sente di appartenere: l’insieme di atteggiamenti che servono a mostrare che si è un ragazzo o una ragazza, un uomo o una donna» (ibidem).
I ruoli di genere possono variare a seconda della società, ma anche all’interno della stessa in base a classe sociale, etnia, religione ed età, e si basano anch’essi sulla dimensione sessuale e biologica: ad ognuno dei due sessi viene fatto corrispondere un preciso ruolo. Questo accade anche in ambito lavorativo; vi sono, infatti, professioni facilmente attribuibili o al genere femminile o al genere maschile.
L’esempio è dato dalla professione infermieristica che, da sempre, è stata riconosciuta come un’occupazione prettamente femminile. Sebbene per molti ancora oggi lo sia, anche agli uomini è stata data la possibilità di intraprendere questo percorso lavorativo, anche in Unità Operative tipicamente femminili come la Ginecologia e/o l’Ostetricia.
MATERIALI E METODI
Obiettivo del suddetto studio è quello di svolgere un’indagine esplorativa mediante l’utilizzo di due questionari contenenti quesiti relativi alla figura di un infermiere uomo in un reparto prettamente femminile come l’Unità Operativa di Ginecologia e Ostetricia dell’Azienda Ospedaliero Universitaria Consorziale Policlinico di Bari, luogo di svolgimento della ricerca.
Un questionario è rivolto ai professionisti sanitari con lo scopo di indagare sulle qualità e sui difetti della figura di un infermiere uomo in Ginecologia e/o Ostetricia ma anche sulla presenza dello stesso in reparto chiedendo se essa possa essere positiva o no per le pazienti; l’altro questionario è rivolto alle pazienti ginecologiche e ostetriche al fine di esaminare l’idea che esse hanno riguardo alla presenza di una figura maschile facendo in modo che i quesiti possano far emergere il consenso o il dissenso delle intervistate dinanzi ad un’eventuale assistenza infermieristica erogata da personale maschile. Nell’ultima parte dei due questionari vengono enumerati 13 possibili qualità di un infermiere (uomo o donna che sia) con l’intento di scoprire eventuali stereotipi di genere che potrebbero essere attribuiti unicamente alla figura femminile o esclusivamente a quella maschile.
RISULTATI
I dati ottenuti hanno dimostrato che per i professionisti sanitari la figura di un infermiere uomo in Ginecologia potrebbe essere utile per un miglior lavoro d’equipe e per la qualità e l’efficacia dell’assistenza infermieristica.
D’altro canto, la maggior parte delle pazienti afferma che approverebbe una presenza maschile in reparto ritenendo opportuno sottolineare il fatto che non sia importante il sesso di colui che eroga assistenza bensì le modalità attraverso cui il professionista sanitario si adopera nel suo lavoro. Una piccola percentuale tra le pazienti preferirebbe invece un’assistenza infermieristica prettamente femminile affermando di provare disagio o imbarazzo nel caso in cui le cure dovessero essere effettuate da personale maschile.
Nella parte conclusiva dei questionari relativa agli stereotipi di genere, non sono stati identificati dati molto significativi se non quelli riguardanti alcune qualità come la forza o la delicatezza dal momento che la prima è stata attribuita alla figura maschile mentre la seconda a quella femminile.
CONCLUSIONI
Nonostante la professione infermieristica sia praticata per la maggior parte da donne e sia considerata da molti, ancora oggi, un’attività prettamente femminile, la ricerca mette in luce il fatto che la figura dell’infermiere uomo, soprattutto in reparti prettamente femminili come la Ginecologia e l’Ostetricia, sia apprezzata e voluta dalla maggioranza dei professionisti sanitari e delle pazienti.
Luciana Strippoli
Allegato
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- Fials Lombardia sulla legge che tutela dalle aggressioni gli operatori sanitari: “Una svolta per la sicurezza, ma servono risorse adeguate”
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