Un’infermiera originaria di Boston che vive a Barcellona da anni si è trovata su Las Ramblas assistendo agli ultimi istanti di vita di Luca
La sua testimonianza struggente postata su Facebook, Paula O’Rourke, un post rivolto alla famiglia del giovane vicentino che riprende gli ultimissimi istanti di vita “non è andato via da solo…”
“To the family of Luka Russo, I found him on Las Ramblas, I am a nurse, I was with him when he passed, he looked at me and he looked at the sky, it was quiet and he was quiet, he did not go alone and maybe this can give a moment of peace, just a moment. I am so sorry”.
“Alla famiglia di Luka Russo, l’ho trovato su las Ramblas, sono un’infermiera, ero con lui quando è passato, mi ha guardato e ha guardato il cielo, era tranquillo ed era tranquillo, non è andato via da solo e forse questo può dare un momento di pace, solo un momento. Mi dispiace così tanto.”
Gli ultimi secondi di vita di Luca Russo, il ragazzo ucciso dai terroristi nell’attentato di Barcellona.
“Ero a casa quel giorno – racconta l’infermiera Paula – il mio balcone è al primo piano di un palazzo in Calle San Pau. Ho visto le persone correre, non c’è stato tempo per riflettere. Sono scesa, ho detto che ero un’infermiera”.
E nel caos generale, qualcosa ha attirato l’attenzione dell’infermiera: “Ho visto un ragazzo steso a terra, che si muoveva appena – ricorda Paula – . Mi sono avvicinata e ho capito che non c’era niente da fare. Ho accarezzato il suo viso e gli ho sussurrato “E’ tutto ok”. Volevo pronunciare parole di serenità. Lui mi ha guardata, poi ha fissato il cielo, con serenità, come se dormisse”.
“Ero semplicemente lì. Ho sempre pensato fosse importante per le persone avere qualcuno accanto in questi momenti. Sono stata un’infermiera per 15 anni, quello è stato semplicemente il mio istinto” racconta l’infermiera musicista.
Paula O’Rourke è anche una famosa musicista.
Bassista e vocalist nella famosa band rock “Eric Burdon and the Animals”, celebre negli anni Settanta con canzoni come “Don’t let me be misunderstood” (1965) e “The House of the rising sun”.
Giuseppe Papagni
Fonte: corrieredelveneto.corriere.it
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