L’autoscatto o più comunemente chiamato “Selfie”, è diventato fenomeno senza conseguenze o un segnale pericoloso del crescente narcisismo della società?
Il “selfie” rappresenta l’autoritratto dell’era digitale e come ogni fenomeno sociale rilevante, sta diventando oggetto di studio da parte di psicologi, sociologi, antropologi, esperti di comunicazione e delle nuove tecnologie.
Il selfie può essere considerato come una nuova modalità di espressione e rappresentazione del soggetto, delle sue gesta, delle sue qualità, della sua quotidianità e della sua storia. Al tempo stesso rappresenta in pieno la crisi d’identità dell’io digitale ed evidenzia una fragilità e vulnerabilità dei soggetti che ne fanno abuso. Il tutto possibile grazie alle nuove tecnologie digitali che consentono a chiunque e in qualsiasi momento, di farsi degli autoscatti e pubblicarli sui social netwwork.
Un fenomeno che ha assunto una portata mondiale di vaste dimensioni. Solo su Instagram ci sono oltre 120 milioni di foto postate con l’hashtag #me. Molti i personaggi pubblici che sponsorizzano la moda del “selfie”, da politici a personaggi dello spettacolo.
D’altra parte il selfie è giunto anche nello spazio, quando l’astronauta giapponese AkiHoshide si è fatto l’autoscatto nella stazione spaziale internazionale, includendo oltre a sé il sole, la terra, due pezzi di un braccio spaziale, la tuta e lo spazio in finito in secondo piano. Secondo una specialista di digital social network presso l’università di Durham il selfie sta rivoluzionando il modo in cui raccogliamo informazioni autobiografiche su di noi e i nostri amici, cercando di affinare e migliorare in continuazione l’immagine di noi che trasmettiamo agli altri.
Nel giugno 2012 “selfie” entra nella lista delle parole da tenere d’occhio per un possibile inserimento nell’Oxford English Dictionary.
Selfie si – Selfie no
Anche tra gli operatori sanitari il fenomeno appare molto diffuso e rappresenta un modo abbastanza discutibile di rappresentare il proprio senso di appartenenza ad una comunità professionale.
Tutto normale e lecito, finchè il “selfie” rimane sul dispositivo mobile, ma può diventare un problema nel momento in cui viene pubblicato sul social network, rendendo pubblici i volti sorridenti in “divisa”.
La mania del “selfie” può sfuggire di mano, e diventare una spirale pericolosa che può creare dei seri problemi per gli autori, per due motivi abbastanza evidenti:
- violazione della privacy nel momento in cui con gli operatori vengono resi pubblici i volti dei pazienti;
- utilizzo del social network durante le ore di servizio.
Così come ampiamente descritto nell’articolo pubblicato sul giornale online NurseTimes, dal titolo “Usare facebook durante l’orario di lavoro può comportare sanzioni disciplinari sia nel settore pubblico sia nel privato“, i risvolti legali possono essere molti e le sentenze lo dimostrano.
In una di queste calde giornate di agosto mi sono imbattuta in alcuni gruppi facebook di interesse infermieristico ed ho constatato che i “selfie” avevano momentaneamente sostituito tutte le argomentazioni di interesse professionale.
Ho espresso con educazione il mio pensiero, cercando di riportare al buon senso i colleghi autori dei “selfie” durante l’orario di lavoro, in divisa e nei reparti, a volte in compagnia di pazienti con gravi problemi di salute, scatenando una vera e propria caccia alle streghe. Sono stata accusata di bigottismo, dai “Pro Selfisti”, supportata invece dai “No Selfie”.
Il mio unico intento aprire una discussione tra colleghi che portasse a qualcosa di costruttivo, in uno spazio curato e messo a disposizione da un nostro collega appositamente per poter dialogare e confrontarci (gruppo facebook Infermiere Professionista della Salute)
Lungi da me, quindi, l’intenzione di voler riprendere qualcuno o di voler salire in cattedra.
Devo dire che mi sento sollevata dal fatto che sono stati tantissimi i colleghi che hanno condiviso il mio pensiero, dimostrando la loro competenza e la conoscenza del diritto.
Tanti altri invece hanno voluto sottolineare come la professionalità e le capacità non passano attraverso dei momenti goliardici, che è un diritto avere dei momenti di svago durante il lavoro che di per se è tanto duro sia fisicamente che psicologicamente.
In tutto ciò mi sono resa conto che ad essere “Pro-selfie”, peccando di presunzione e ignoranza in materia di diritto, sono stati sì gli infermieri con tanti anni di esperienza sulle spalle (hanno tenuto a precisare nei loro commenti), ma cosa imperdonabile è vedere come tanti giovani colleghi fossero allo scuro dei problemi legali a cui potevano incorrere pubblicando il loro Selfie, con prospettive pesanti fino al licenziamento stesso per giusta causa.
In merito vorrei ricordare che il nostro codice deontologico, nell’articolo 42 cita: “l’infermiere tutela la dignità propria e dei colleghi, attraverso comportamenti ispirati al rispetto e alla solidarietà”.
Anche il codice di comportamento dei dipendenti delle Pubbliche Amministrazioni (decreto 28 novembre 2000) e dei regolamenti aziendali che ognuno di noi sottoscrive al momento della firma del contratto parla chiaro e se non rispettati possono diventare causa di sanzioni disciplinari molto gravi.
In ultimo voglio esprimere un mio pensiero. Se a sbagliare sono così tanti giovani, dobbiamo seriamente cominciare a pensare che forse, la loro formazione è stata inadeguata, oltre alla superficialità con cui loro si approcciano ai problemi…
A voi la riflessione!
Patrizia Leoni
Infermiera
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