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Sanità territoriale e Covid, Schillaci: “I fondi del Pnrr non vanno usati solo per le case di comunità. Mai più obbligo vaccinale”

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Schillaci: "Bollettino Covid diventa settimanale. Sanitari sospesi per inadempienza dell'obbligo vaccinale saranno reintegrati"
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Intervistato da Libero, il ministro della Salute ha parlato a ruota libera di due temi molto attuali.

In un’intervista rilasciata a Libero il ministro della Salute, Orazio Schillaci, è tornato a parlare di sanità territoriale. “Il Piano nazionale di ripresa e resilienza – ha dichiarato – stanzia fondi per creare infrastrutture. Tali fondi non vanno usati solo per fare case di comunità”.

Non manca un cenno ai medici di famiglia e al personale sanitario in genere: “I medici di famiglia sono liberi professionisti convenzionati. Non li ho ancora incontrati, ma di certo vanno coinvolti maggiormente, integrati nel Servizio sanitario, responsabilizzati e gratificati, come tutto il personale sanitario. Abbiamo eccellenze scientifiche, ma perdiamo medici che abbiamo formato a nostre spese, e spesso li perdiamo solo per ragioni economiche. Si tratta di una migrazione che va fermata”.

Ampio spazio, nel corso dell’intervista, è stato riservato al Covid-19. “Intanto – spiega Schillaci – si dovrebbe cominciare a parlare di Covid-23, anziché di Covid-19, per far capire a tutti che ormai la malattia è profondamente diversa da quella originaria. La forma attuale è meno aggressiva e la sappiamo curare meglio. Le epidemie durano due-tre anni, è sempre andata così nella storia, con o senza vaccini, come avvenuto cento anni fa per l’influenza spagnola. Spero che con la prossima primavera ce la lasceremo alle spalle. La situazione negli ospedali e nelle terapie intensive è sotto controllo”.

Sui i vaccini: “L’indicazione è nota: quarta dose per i fragili e vaccino vivamente consigliato per l’influenza, che quest’anno può essere perfino più rischiosa. La speranza è che l’autunno prossimo si possa fare una sola iniezione, che copra sia il Covid sia l’influenza. Sul Covid è tempo di dare un messaggio di discontinuità con il passato. La popolazione è esasperata: perfino in Cina, ormai, si ribellano a chiusure e divieti. Siamo entrati in un’altra fase, non più degli obblighi, ma della persuasione: responsabilizzare i cittadini, non obbligarli. Oggi in Italia ci sono temi sanitari più importanti e impellenti del virus. Non rimetteremo l’obbligo vaccinale e saremo sempre attenti a mediare il diritto alla salute con il rispetto delle libertà personali. Commissione d’inchiesta? Il Parlamento ha diritto di indagare sulla gestione della pandemia, ma non devono esserci strumentalizzazioni”.

A proposito di obbligo vaccinale, Schillaci si è soffermato anche sulla decisione della Corte Costituzionale: “Rispetto le sentenze della Corte. In questo caso la Consulta ha ritenuto inammissibile il ricorso contro l’obbligo vaccinale introdotto dal Governo Draghi nel 2021 per il personale sanitario e scolastico. In realtà l’obbligo era terminato per quasi tutte le categorie nello scorso mese di giugno, quando era cessato lo stato di emergenza, e sarebbe scaduto per il personale sanitario il prossimo 31 dicembre. Noi abbiamo anticipato al 1° novembre questa scadenza. La presidente Meloni ha sempre detto di essere contraria all’obbligo per i vaccini Covid, ritenendo l’informazione più efficace della coercizione, e non mi pare abbia cambiato idea”.

E sulla prevenzione: “Ci sono tante cose da fare. Una delle più importanti è la prevenzione, a partire dalle scuole. I ragazzi sono spugne, imparano subito. In questi anni ci si è giustamente preoccupati molto di far capire ai giovani, fin dai primi anni sui banchi, che non bisogna fare discriminazioni in base agli orientamenti sessuali. Se introducessimo un’ora di educazione alimentare e di corretti stili di vita, argomenti che penso interessino molto i giovani di oggi, assicureremo agli anziani di domani molti anni di vita sana in più. Credo che questa sia una priorità nella scuola, molto più di altre alle quali oggi si dà importanza”.

Il ministro ha parlato anche delle disuguaglianze regionali in sanità: “L’obiettivo finale è che tutti i 21 Sistemi sanitari regionali garantiscano le stesse condizioni di cura. Bisogna riuscire a limitare i viaggi della speranza negli ospedali del Nord a pochi casi, offrendo valide alternative sul territorio. A tal fine bisogna lavorare su prevenzione e organizzazione. Oggi facciamo tanti esami inutili, i ricoveri sono lunghi e prendiamo troppe medicine per un eccesso prescrittivo dovuto anche a una dipendenza da farmaco dei cittadini, spesso ingiustificata. Ora dobbiamo investire 40 milioni per combattere la resistenza agli antibiotici di malati intossicati per l’uso indiscriminato che ne hanno fatto, al punto che le medicine non hanno più effetto su di loro”.

Redazione Nurse Times

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