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Rubata fede nuziale ad una paziente: non è un infermiere. La precisazione del collegio Ipasvi di Torino

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Ancora una volta assistiamo ad una generalizzazione nell’informazione ai cittadini con gli infermieri sulla gogna mediatica per fatti di cronaca


Nella notizia riportata da più fonti del furto avvenuto a Cuorgné, nel Canavese, dove è stata rubata la fede nuziale ad una anziana 85enne in coma, alcune testate giornalistiche hanno titolato e descritto l’autore del gesto come Infermiere, mentre si trattava di un operatore sociosanitario che con gli infermieri non ha nulla a che fare.

Il collegio ipasvi di Torino, nella sua nota a firma della presidente Maria Adele Schirru, contesta agli organi d’informazione l’inesattezza della notizia chiedendo più attenzione e rispetto verso la comunità infermieristica.

“Si tratta di errori mediatici che suscitano grande imbarazzo e risentimento nei professionisti: il termine “infermiere” è utilizzato senza distinzioni per indicare operatori di altre professionalità che compiono atti e, spesso, illeciti o reati di varia natura.
Il principale fraintendimento dei mezzi di comunicazione avviene quando si utilizza la qualifica di Infermiere, attribuendola erroneamente a personale ausiliario, a operatori sociosanitari – come in questo caso – o a operatori tecnici dell’assistenza.

Eppure la differenza è netta: gli Infermieri da quindici anni ormai sono laureati (in base alla legge 251/2000 – Disciplina delle professioni sanitarie infermieristiche, tecniche, della riabilitazione, della prevenzione nonché della professione ostetrica) e dal 2004 conseguono la laurea specialistica in Infermieristica (5 anni) per poter operare come responsabili esclusivi dell’assistenza sanitaria.

L’operatore sociosanitario (OSS) è una figura di supporto che coadiuva gli operatori professionali in ambito sanitario e sociale; nello svolgimento delle sue attività si attiene alle indicazioni che da loro ricevono.

Il suo compito è, in questo caso, su indicazione e valutazione dell’Infermiere anche svolgere attività che aiutino le persone a soddisfare i bisogni di base (alimentazione, igiene personale, cura di sé, mobilizzazione ecc.).

È evidente il danno di immagine che deriva da una generalizzazione di tale definizione per la professione infermieristica, apprezzata e ben conosciuta dai pazienti, non certo nella forma negativa che spesso emerge per colpa di terzi estranei.

È in questo senso chiediamo ai mezzi di informazione maggiore attenzione e di ristabilire quanto prima la verità nell’interesse e nel rispetto dei nostri professionisti, ma soprattutto dei cittadini e dei pazienti che a questi si affidano con fiducia”.

Precisazione dovuta e puntuale della presidente ipasvi di Torino Maria Adele Schirru.
Giuseppe Papagni

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