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Roma. La “Casa in Ospedale” per bambini disabili gravissimi

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Un esempio straordinariamente positivo di ottimizzazione dell’assistenza, a 360 gradi. Questo è in pratica la ”Home in Hospital”, ovvero un progetto che ha dato vita ad una vera e propria “Casa in Ospedale” per bambini disabili gravissimi ad alta intensità assistenziale, realizzata a Roma all’Ospedale G.B. Grassi grazie alla ASL RM-D e alla Cooperativa OSA. Modello che appare veramente sostenibile e funzionante.

La “Home in Hospital” è un progetto assistenziale per bambini disabili gravissimi con diverse patologie, bisognosi di alta intensità assistenziale per 24 ore al giorno e connessi a presidi tecnologici per poter sopravvivere. Nasce all’ospedale G.B. Grassi di Ostia Lido (Roma) il 12 aprile 2006 e ad oggi accoglie 4 bambini, anche se potrebbe ospitarne 6 (due i posti disponibili, quindi).

Mi occupo da diversi anni di assistenza a disabili gravi e gravissimi sul territorio del Lazio e, in seguito ad un’intervista realizzata tempo fa alla collega Ambra che ci lavora (VEDI articolo), sono rimasto veramente incuriosito ed affascinato da questo progetto, che sembra avere moltissimi vantaggi e nessun “difetto”. Così tanto che, qualche giorno fa, mi sono recato in visita presso la struttura, dove ho conosciuto i bimbi, i loro genitori, ho visitato questa sorta di “reparto che non è un reparto” e intervistato Andrea Middei, papà di un piccolo paziente e presidente dell’associazione “Piccoli Guerrieri della Home in Hospital” onlus.

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Andrea Middei, presidente dell’associazione “Piccoli guerrieri della Home in Hospital” onlus e Alessio Biondino (Nurse Times).

Cosa è e come nasce il progetto “Home in Hospital”?

“Il progetto Home in Hospital, ovvero Casa in Ospedale, è nato da un gruppo di genitori di bambini disabili gravissimi che erano ricoverati all’ospedale pediatrico Bambino Gesù di Palidoro (Roma). I bambini, superata la fase acuta, dovevano essere dimessi ed era perciò necessaria un’adeguata assistenza territoriale; cosa che oggi è molto complicata da realizzare per le ASL e con cui è veramente difficile convivere per le tante famiglie che si ritrovano a domicilio con un bimbo a dir poco ‘complesso’. I piccoli ad alta intensità assistenziale, infatti, a casa non possono stare per due motivi fondamentali: uno perché stanno male di continuo e sono costretti a nuovi e frequenti ricoveri, due perché la gestione, a lungo termine, diventa devastante per tutta la famiglia. Aggiungiamoci anche il fatto che oramai ricevere assistenza h24 da parte della ASL è praticamente impossibile.

Cercando così di pensare a qualcosa di utile a tutti e di alternativo alla canonica assistenza domiciliare, dopo non poche battaglie ci siamo rivolti all’ex assessore della sanità Augusto Battaglia e, grazie al suo impegno, siamo riusciti ad ottenere e a organizzare questo spazio. Cosa è? Era piuttosto piccolo, all’inizio, in pratica una sola stanza con due ‘ospiti’. I bimbi sono poi aumentati e, con un’evidente necessità di ingrandirci, ci siamo rivolti al vecchio Direttore Generale della ASL RM-D Vincenzo Panella, che ci ha aiutati ad ottenere un’altra stanza e ad avere così tutto lo spazio di cui disponiamo oggi.

Quindi, grazie alla ASL Roma D e alla Cooperativa OSA siamo riusciti a creare questa ‘Casa in Ospedale’ dove i nostri figli sono assistiti h24 da personale infermieristico specializzato e curati da un’equipe multidisciplinare, pur non essendo in regime di ricovero. E, soprattutto, dove noi mamme e papà possiamo venire e stare tutto il tempo che vogliamo. Un’assistenza domiciliare dentro a un’ospedale, insomma.

Una valida alternativa alla “classica” assistenza a domicilio, quindi. Ma in termini economici? Il nostro SSN risparmierebbe qualcosa?

A domicilio c’erano diversi problemi. Innanzi tutto, in ogni ASL funziona diversamente e ci sono più o meno risorse disponibili; questo fa sì ad esempio che mio figlio, che ha bisogno di assistenza specializzata per 24 ore, ne abbia ricevute solamente 8 per carenza di fondi. Ma questo non è nulla in confronto allo spreco di risorse pubbliche cui eravamo costretti: per ogni problema, l’unica soluzione per essere aiutati era infatti chiamare il 118. Che significava impegnare una intera equipe d’ambulanza e stressare fino all’inverosimile i nostri figli che erano ogni volta costretti a subire la scomodità durante il trasporto, l’ambiente diverso e per certi versi ostile, i rischi durante il tragitto, ecc. Capitava molto spesso, purtroppo, di allertare il servizio 118. Per quanto mi riguarda, la media era di circa ogni due settimane!

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Due dei piccoli utenti della Home in Hospital di Roma.

Da quando invece i nostri bimbi sono qui nella Home in Hospital, riacutizzazioni e ricoveri sono drasticamente diminuiti; si ammalano molto di meno, in pratica.

Ciò significa che ricorrere al pronto soccorso ospedaliero è assai più raro. Perciò i DEA e le terapie intensive vengono decisamente ‘alleggeriti’ dei pazienti cronici che spesso li ingolfano, con tutti i vantaggi, funzionali ed economici, che ne derivano. E poi qui alla ‘Home’ il rapporto infermiere-pazienti è di 1:3, ovvero un infermiere ogni 3 pazienti… quanto risparmierebbero quindi le ASL rispetto all’assistenza domiciliare h24 con rapporto 1:1?

Beh, conti alla mano… decisamente parecchio.”

Per voi caregiver familiari a tempo pieno l’Home in hospital che tipo di sollievo rappresenta?

“La qualità di vita per noi è migliorata drasticamente. Ad esempio, prima della Home l’esistenza mia e di mia moglie era solo un impegno di 24 ore su 24 per assistere mio figlio a casa. Poi di corsa al lavoro, ansia per le condizioni del bimbo e di nuovo a casa ad assisterlo. E ogni due settimane l’immancabile chiamata al 118 ed il trasferimento all’ospedale. Questa era la nostra routine.

Per tutta la nostra famiglia, non era più vita. E di notte, poi, non avevamo l’assistenza della ASL… quindi si dormiva poco e niente. Dovevamo essere svegli e presenti o io, o mia moglie. E il bello è che abbiamo altre due bambine… per tutti noi non era più possibile vivere una quotidianità per così dire ‘normale’. Anche se ad esempio uno di noi genitori trovava il tempo di portare le bimbe al parco, viveva con l’ansia della solita telefonata dell’infermiera: ‘Alessandro sta male, dobbiamo portarlo subito all’ospedale’.

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Alcuni dettagli di una unità di degenza.

Ma ora, con questa formula di ‘assistenza domiciliare in ospedale’, tutto funziona in modo decisamente più accettabile. Riusciamo ad assistere il nostro caro con serenità, possiamo stare con lui quando e quanto vogliamo, lo sappiamo sempre in mani capaci ed all’interno di una struttura protetta. E, addirittura, cosa impensabile all’inizio del nostro calvario, posso portare mia moglie e le altre due mie bimbe a mangiare una pizza, ogni tanto.

Un modello da far conoscere in tutta Italia, quindi…

“Sì. È un progetto che andrebbe divulgato e fatto conoscere alle tante famiglie in difficoltà. Bisognerebbe aprire una ‘Home in Hospital’ in ogni città… ci sono solo cose positive, grossi risparmi per la collettività e le famiglie non si distruggono nello stravolgimento patologico che le colpisce; cosa che, purtroppo, capita spesso. Qui i è come un’assistenza domiciliare, quindi è come se i nostri bambini stessero a casa, però per qualsiasi problema o urgenza sono comunque fisicamente all’interno di un ospedale. E i genitori possono anche tornare ad occuparsi della famiglia, degli altri figli, del proprio rapporto, ecc. Noi papà e mamme possiamo fare praticamente come vogliamo: venire a qualsiasi orario e stare anche di notte. Per fortuna abbiamo trovato nella ASL RM-D un buon partner, nel senso che loro hanno sposato a pieno questa nostra iniziativa e l’hanno realizzata. Di fatto è a loro carico e devo dire che l’organizzazione è pressoché perfetta. Anche con la cooperativa che fornisce gli infermieri c’è piena sintonia, per cui… il progetto è fantastico. Non siamo abituati in Italia a cose del genere…

Ci tengo a ringraziare, a nome dell’associazione e di tutti i genitori, l’ex Direttore della ASL RM-D Vincenzo Panella che ha permesso l’ampliamento della Home in Hospital, il direttore della Cooperativa Osa Daniele Palumbo che ci è sempre vicino per qualsiasi necessità, la dottoressa Salvitti che è il nostro tramite con la ASL di competenza e gli infermieri che aiutano quotidianamente noi ed i nostri figli con professionalità ed amore. Grazie a tutti.”

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Una delle due unità di degenza libere e quindi disponibili della Home in Hospital di Roma.

Il progetto Home in Hospital è stato inserito in un documento del Ministero della Salute, precisamente nelle cure palliative pediatriche, come un esempio assistenziale della Regione Lazio ed è stato premiato con targa speciale 11 Settembre 2008 dalla Federsanità del Piemonte; inoltre, il 28 Novembre 2008, ha vinto il premio nazionale Lavinia Castagna sull’umanizzazione e qualità dell’assistenza infermieristica.

Per quale motivo, quindi, in un periodo dove le risorse economiche delle ASL scarseggiano (VEDI aticolo) e dove i disabili gravissimi sono costretti a scendere in piazza (VEDI articolo) per ottenere assistenza, non viene preso in seria considerazione a livello nazionale un modello sostenibile e funzionale di questo tipo?

Per ulteriori informazioni, per effettuare una donazione e per comunicare col presidente dell’associazione “Piccoli Guerrieri della Home in Hospital” onlus, visitate il sito www.piccoliguerrieri.it. Vi ricordiamo che nella “Casa in Ospedale” di Roma ci sono due posti letto disponibili!

Alessio Biondino

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