Riceviamo e pubblichiamo le riflessioni di una infermiera di lungo corso espresse in seguito al saluto dell’ex Ministro della Salute Giulia Grillo (VEDI articolo)
“Gentilissima dr.ssa Grillo, sono felice di ricambiare il suo saluto e di saperla gioiosa per poter tornare a dedicare maggior tempo alla sua famiglia. Come vecchia infermiera, vecchia anagraficamente e professionalmente, mi permetto di esprimerle tutta la mia sorpresa amarissima nel leggere le sue affermazioni in merito all’essersi sentita vicina ai pazienti grazie all’esperienza di governo vissuta.
Probabilmente l’esercizio della sua specialità non le consentiva un significativo dialogo con i suoi pazienti ma, io credo sia davvero mortificante per gli altri suoi colleghi che non vivono esperienze di governo scoprire che solo un incarico di così ampia visibilità dona la capacità di comprendere i pazienti e la realtà del mondo sanitario in genere.
D’altro canto, come infermiera (non pensi che mi sia limitata alla vecchia formazione della scuola regionale, sono laureata, sino a un paio d’anni fa sono stata tutor per gli studenti di Infermieristica in una delle università più valide d’Italia) non posso che constatare come il suo appariscente ruolo non abbia comportato empatia per gli Infermieri.
Non mi risulta da parte del Ministero della Salute un effettivo supporto al mantenimento della promessa.
Non posso di certo caricare tutte le colpe su di lei. Altre personalità del mondo sanitario hanno, una volta giunte al potere, deluso le aspettative degli Infermieri a cui per anni avevano predicato l’indispensabile empatia per pazienti e familiari, la responsabilità di individuarne i bisogni e rispondervi, il prendersene “in carico”.
Molti medici se ne vanno dall’Italia e molti Infermieri anche.
Coloro che coraggiosamente rimangono impegnandosi oltremodo per garantire cura, assistenza ai massimi livelli per tutti i pazienti non necessitano di schiaffi quanto mai sonori alla loro persona e alla loro professionalità; vogliamo che almeno ci vengano riconosciute competenze e sacrifici, questi ultimi messi in conto, d’accordo, ma non ipotizzati sino all’inverosimile.
Lei è felice di tornare alla sua famiglia; nel corso del suo impegno ministeriale, comprendendo i pazienti e il mondo sanitario, ha mai chiesto a Infermieri ultra sessantenni se desiderassero dedicare più tempo alle loro famiglie?
Io ad agosto ho compiuto 65 anni e lavoro ancora su tre turni. Anzi: dal prossimo ottobre su due di 12 ore cadauno.
Non credo di essere l’unico fenomeno, ultrasessantenni nella mia unità operativa che lavorano sugli stessi turni ce ne sono ancora. Che eredità lascia, al suo successore al ministero?
Non so se rientrerà a lavorare come medico o se proseguirà la carriera politica; in ogni caso, quando avrà a che fare con pazienti le auguro di verificare con sé stessa e con chi lavora giorno dopo giorno, notte dopo notte con persone in difficoltà il vero significato di “assistere”, alias “stare accanto” e di “curare” la persona e non un corpo. Lontano dai palazzi del potere, ovviamente.”
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Redazione NurseTimes
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