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Regionalismo differenziato: la Puglia si mobilita per fermare il progetto lombardo-veneto

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Regionalismo differenziato: la Puglia si mobilita per fermare il progetto lombardo-veneto 1
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Parte da Bari l’iniziativa di infermieri e medici per fermare il progetto lombardo-veneto

Anche se il cammino dell’autonomia differenziata, che poi è la pretesa di Veneto e Lombardia di giungere alla legislazione regionale esclusiva, sta rallentando, il mondo sanitario pugliese si mobilita e preannuncia iniziative contro questa sciagurata riforma, che sancirebbe la disuguaglianza definitiva tra Nord e Sud e la spaccatura del Paese. Contro questo rischio il neo-costituito “Comitato per l’unità della Repubblica” ha organizzato un incontro sul tema “Regionalismo differenziato, sanità pubblica e diritto alla salute”.

Veneto, Lombardia ed Emilia-Romagna – ha scritto, nel messaggio inviato, il Governatore Emiliano – non chiedono ulteriori forme di autonomia, che peraltro sono previste dalla Costituzione, ma chiedono di parametrare l’autonomia di un territorio con il gettito maturato su quel territorio, e questo, a mio parere, configura una cittadinanza di serie A e serie B che certifica la fine dell’unità nazionale”.

Secondo la prof. Marina Calamo Specchia, docente di diritto costituzionale comparato, università di Bari, tale decisione potrebbe causare fratture, rotture che attentano alla dignità stessa della persona che la Costituzione pone al centro e che rendono dipendenti dalle capacità economiche i livelli di prestazioni (principio, questo, sconfessato, recentemente, dalla Corte Costituzionale).

La Repubblica promuove le autonomie locali ma non ne può essere condizionato ne si possono giustificare formazioni di repubbliche autonome (uguagliabili, per esempio, a San Marino).

Se il testo di riforma avesse affrontato un esame preventivo, sarebbe stato bocciato dalla consulta. Perché se non è eversivo, ha lasciato intendere Calamo Specchia, poco manca.

Interventi anche del presidente della FNOMCeO e OMCeO barese, dott. Filippo Anelli. “La salute – chiosa il presidente nazionale federazione ordini dei medici – è un diritto incomprimibile, riconosciuto dall’articolo 2 della Costituzione e attuato nel 1978 con l’istituzione del SSN, che ha reso uguali tutti in cittadini in linea teorica. Non mancano, infatti, diseguaglianze, a partire dalla speranza di vita, tra i cittadini. Nel 2001, prima del regionalismo, le regioni del Sud avevano un’aspettativa di vita superiore a quella del nord. In questi 18 anni le nostre regioni sono rimaste al palo e i dati si sono invertiti. Le caratteristiche e i diritti incomprimibili, tra cui quello alla salute, riconosciuti dalla Costituzione, ora vengono messi in discussione da un’autonomia rafforzata che di fatto prevede la potestà legislativa. Veneto, Lombardia ed Emilia non stanno chiedendo l’autonomia, stanno chiedendo di poter legiferare. Di fatto, significa che nasceranno degli Stati a parte. Ho mobilitato 10 federazioni e 31 professioni socio sanitarie che, di recente, hanno espresso preoccupazione e chiesto l’attivazione di un tavolo di confronto”.

Interessante l’intervento del presidente dell’Ordine delle Professioni Infermieristiche di Bari, Saverio Andreula. “Denunciamo le molte cose che non vanno in Sanità, tra cui – prima fra tutte – la differenza di accesso ai servizi del SSN che fanno ingiustizia sostanziale. Necessario ispirarsi a Paesi modello, recuperare iniziativa culturale… siamo anni luce indietro, per esempio, nel seguire la persona dimessa dall’ospedale. Essa è “caricata” sul medico di medicina generale, dimenticando le “cure primarie” e la loro necessità attuativa”.

Il prof. Angelo Vacca, direttore UOC Medicina Interna “Baccelli”, università Bari, ha sottolineato che “nascere, oggi, nel Meridione significa avere aspettativa di vita inferiore di 3 anni rispetto al bimbo nato al Nord, che, su circa 61 milioni di italiani, quasi 12 milioni sono over 65 anni i quali si ammalano acutamente di più (“pandemia dell’anziano”), intasano i ricoveri per acuti, come le Medicine interne (20% di tutti i ricoveri in Puglia) cui (Policlinico di Bari) giungono, in maggior parte, dai Pronto Soccorso e 7,2% da fuori Regione”.

Il sen. Luigi D’Ambrosio Lettieri interviene rimarcando che “si tratta di problema complesso di “geopolitica”: 4 regioni dettano leggi ed attentano all’unità, pongono ostacoli alla universalità ed all’equanimità. Giocano con carte truccate contro l’uniformità di welfare, scuola, trasporti, trasferimenti di risorse. Tre Regioni realizzano il 43% del PIL e si votano all’egoismo territoriale. Creare equità dovrebbe essere il comandamento comune di giustizia nazionale. I riparti di sanità, università, per esempio, sono diametralmente ineguali, punitivi per il SudSarà pressing su tutti gli organi di informazione anche per mobilitare i parlamentari del Sud”.

Sono poi intervenuti Enrico Lauta (dirigente medico ASL Bari), Ludovico Abbaticchio, pres. naz. Sindacato Medici Italiani, Nicola Calabrese (segretario provinciale FIMMG Bari), Tommaso Fiore (ex assessore regionale pugliese alla sanità) e Leonardo Damiani (medico ospedaliere “Di Venere” Bari).

Insomma un messaggio chiaro ed inequivocabile per Emiliano e per chi cerca di mettere ulteriormente in ginocchio la sanità del sud, già fortemente penalizzata dal riparto del Fondo Sanitario Nazionale che crea diseguaglianze tra nord e sud Italia.

La Conferenza delle Regioni del 13 febbraio 2019 ha infatti approvato il riparto tra le regioni di 111,2 miliardi di euro del Servizio sanitario nazionale.

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Redazione NurseTimes

 

Fonte: La Gazzetta del Mezzogiorno

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