Il documento del Centro ricerca economica applicata in sanità evidenzia la scarsa attrattività della professione. Mangiacavalli (Fnopi): “I dati confermano sia la validità delle nostre proposte sia il fatto che lo sviluppo dell’infermieristica rappresenta un tassello importante per evitare la crisi del Ssn”.
Secondo il Rapporto Sanità CREA 2023, per sviluppare il territorio secondo il Pnrr servono tra i 40mila e gli 80mila infermieri, ma trovarli al momento attuale appare diffide: l’attrattività della professione è bassa e solo l’1% degli studenti sceglie questo corso di laurea, contro una media del 3% negli altri paesi Ue.
Le principali cause? La retribuzione: il 40% in meno della media dei Paesi europei, nonostante l’enorme mole di lavoro a cui sono sottoposti gli infermieri, che con la pandemia è chiaramente sotto gli occhi di tutti. Poi i pochi posti messi a bando nelle università per la laurea in Infermieristica, rispetto alla quale l’Italia è nella basse posizioni nella classifica dei Paesi Ocse. Infine uno sviluppo di carriera limitato.
La carenza di personale non si riesce a colmare nemmeno con infermieri che provengono per le vie regolari dall’estero, visto che in Italia questa forza lavoro si ferma al 4,8%, contro il 25,9% della Svizzera, il 15,4% del Regno Unito e l’8,9% della Germania.
Il Rapporto CREA va oltre: per raggiungere lo standard dei maggiori paesi Ue sarebbero paradossalmente necessari quasi 224mila infermieri, che diventerebbero oltre 320mila, usando come riferimento la popolazione over 75, la più bisognosa di assistenza, oltre a rivedere i livelli retributivi, sarebbe il caso di ripensare lo skill mix. Si deve ripensare infatti non solo ai ruoli di medici e infermieri, ma anche a quello che coinvolge infermieri e operatori socio-sanitari, alla luce della crescente importanza della non autosufficienza e della conseguente sovrapposizione di bisogni sanitari e sociali.
«Il Rapporto conferma l’allarme che da tempo la nostra Federazione sta lanciando – afferma Barbara Mangiacavalli, presidente della Fnopi, la Federazione nazionale degli Ordini delle professioni infermieristiche – avvalora ancora di più le soluzioni che abbiamo proposto. Per aumentare l’attrattività della professione si deve prevedere nei Lea (livelli essenziali di assistenza) la branca specialistica assistenziale per dare uniformità di prestazioni a livello regionale e nazionale, con l’istituzione delle competenze specialistiche degli infermieri. Deve essere valorizzata la formazione infermieristica negli atenei, con l’istituzione di lauree magistrali a indirizzo clinico e scuole di specializzazione. Va riconosciuta nel sistema di remunerazione la specificità del ruolo svolto dagli infermieri professionisti nelle organizzazioni sanitarie». Mangiacavalli sottolinea la necessità di una «valorizzazione di tipo giuridico e professionale della professione, rispetto all’evoluzione delle competenze e ai livelli stipendiali».
E aggiunge: «È necessario attivare strumenti giuridici come il superamento del vincolo di esclusività per consentire una modalità di lavoro più agile agli infermieri dipendenti, che sono la maggioranza di quelli attivi nel nostro Paese. Si devono prevedere livelli differenziati per un’abilitazione specialistica. Ad esempio verso competenze e attività come la prescrizione di presidi e ausili per l’assistenza infermieristica, Cosa, questa, che in altri Paesi Ue già avviene da tempo. Ha ragione il Rapporto CREA: senza riforme e crescita, il Ssn è sull’orlo della crisi. Lo sviluppo di una nuova professione infermieristica, come dimostrano i dati, rappresenta sicuramente un forte stimolo perché questo non debba accadere».
Redazione Nurse Times
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