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Quell’iniquo inquadramento degli infermieri militari e della polizia è un costo per lo Stato

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Quell'iniquo inquadramento degli infermieri militari e della polizia è un costo per lo Stato
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Lo scorso 29 agosto 2015 è stata presentata una richiesta ufficiale della Federazione Ipasvi, su cui concorda il Ministero della Salute, Interni e Difesa, per avviare il tavolo tecnico di confronto per risolvere differenze e sperequazioni tra gli oltre 280 mila professionisti dipendenti del Servizio Sanitario nazionale e i circa 1500-2000 con le stellette.

Procrastinare la risoluzione della problematica dell’inquadramento degli infermieri militari e della polizia non è più conveniente per nessuno.

In ballo non c’è solamente la giusta valorizzazione della professione sanitaria infermieristica nelle forze armate e di polizia, bensì la risoluzione un più ampio e generalizzato problema di non spendibilità delle professioni nei diversi comparti pubblici, recentemente messo evidenza dal flop della collaborazione tra la Marina militare e l’ASL n. 5 spezzino.

Ad onor del vero, l’impossibilità di impiego degli infermieri militari e della polizia presso le ASL non è propriamente una novità ma è strettamente riconducibile ad una problematica venutasi a generare già con l’approvazione del DPCM 1° aprile 2008, che ha disciplinato il transito della Sanità Penitenziaria al Servizio Sanitario Nazionale, a seguito del quale si è registrata la condanna del Ministero della Giustizia al pagamento del divario economico esistente per la collocazione degli infermieri agenti penitenziari nella fascia non congrua con quella statuita per la professione infermieristica cat. D dei funzionari laureati.

Come spesso accade in questi casi, purtroppo, ci sono voluti diversi anni per riconoscere che una buona Amministrazione pubblica entra nella vita quotidiana del singolo cittadino, dal lavoro, alla salute, alla scuola e al contempo condiziona gli investimenti nel Paese, i costi e l’ottimizzazione delle risorse.

Con questa consapevolezza è stata costruita la riforma della pubblica amministrazione, approvata in via definitiva dal Parlamento con legge 7 agosto 2015, n. 124, una riforma epocale, al servizio di 60 milioni di cittadini e a sostegno della ripresa economica, che dovrà essere resa attuativa con le deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni, ivi comprese quelle per la ridefinizione del lavoro pubblico e della dirigenza.

Il principio di equiordinazione, attuabile attraverso una urgente individuazione e valorizzazione delle professionalità spendibili nei diversi settori della pubblica amministrazione, impone la revisione della disciplina in materia di reclutamento, di stato giuridico e di progressione in carriera, prevedendo l’eventuale unificazione, soppressione ovvero istituzione di ruoli, gradi e qualifiche e la rideterminazione delle relative dotazioni organiche, in un’ottica di razionalizzazione dei costi che consenta il transito del personale del comparto pubblico grazie ad un pieno riconoscimento delle professioni e dei titoli necessari per il loro esercizio.

In linea con i principi della riforma, in data 17 agosto 2015, la Corte dei Conti ha registrato il D.P.C.M. 26.06.2015, recante le “tabelle di equiparazione” in base alle quali si agevolerà la regolare mobilità dei lavoratori pubblici tra i diversi comparti.

Nello specifico, la Tabella n. 1 (VEDI) del decreto individua la giusta equiparazione del personale di cat. D del Servizio Sanitario Nazionale (infermieri) con il personale di Area 3ª dei Ministeri (ruolo ufficiali di forza armata); da qui la necessità di dover intervenire urgentemente con una riforma delle carriere che consenta la razionalizzazione dei costi attraverso l’equiparazione professionale e di impiego di tutto il personale del settore pubblico.

Appare superfluo, pertanto, evidenziare che il Decreto Interministeriale 18 aprile 2002, attuativo dell”art. 14 della legge 28 luglio 1999, n. 266, in base al quale gli infermieri militari che perdono l’idoneità al servizio militare transitano nei ruoli ausiliari del personale civile, risulta, oggi più che mai, in palese contrasto con la riforma della pubblica amministrazione.

Il 13 gennaio u.s., sull’annosa questione delle tabelle di corrispondenza “che non corrispondono”, è stata depositata dai Senatori Bencini, Romani e Simeoni una interessante interrogazione parlamentare ai Ministri della difesa, dell’economia e delle finanze e per la semplificazione e la pubblica amministrazione con la quale, oltre a cercare di quantificare gli esorbitanti costi ad oggi sostenuti dal Paese per il disallineamento della professione sanitaria infermieristica rispetto alla cat. D del personale del SSN, si è inteso rimarcare il danno economico allo Stato che tale disallineamento continuerà a generare in caso di ulteriori rinvi della riforma del pubblico impiego.

Giuseppe Papagni

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