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Quanto vale un infermiere?

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Le riflessioni di un collega su alcune problematiche che affliggono la categoria.

Leggevo, in un post sui social, di una collega infermiera che, schiacciata dalle responsabilità, oppressa dal demansionamento e umiliata dallo stipendio, stava valutando la possibilità di “rimettersi in gioco” frequentando un corso da oss, per poi cercare un lavoro con la nuova qualifica. Qualche anno fa questa discussione sarebbe sembrata surreale, adatta a una rubrica di satira. Oggi no. Le risposte dei colleghi esprimevano condivisione delle motivazioni, nessuno la dileggiava, i più si dolevano di non poter fare la stessa scelta, chi per motivi anagrafici chi per ragioni economiche.

Altro giro, altra… corsia. In reparto, giorni fa, due allieve oss parlavano tra loro e una di esse, entusiasta del lavoro che sarebbe andata a svolgere, manifestava il suo pensiero di iscriversi a Infermieristica al termine del corso oss. L’altra la scoraggiava: “Ma chi te lo fa fare? Tre anni di studio in università, costi proibitivi per poi fare praticamente le stesse cose con molte responsabilità in più e con uno stipendio simile”. Ero vicino, ascoltavo per caso. Ho abbassato la testa e non ho risposto.

Si diventa oss frequentando un corso di pochi mesi dopo la scuola dell’obbligo. Si diventa infermieri dopo aver conseguito un diploma di scuola media superiore e dopo aver frequentato con profitto l’università per almeno tre anni. Sulle responsabilità la differenza è sostanziale: nelle mansioni che l’oss esegue su delega dell’infermiere la responsabilità resta in capo all’infermiere.

Ora è pacifico che i due ruoli siano completamente diversi, che il “sapere” dell’infermiere debba spaziare dall’anatomia alla farmacocinetica, che ogni azione che l’infermiere pone in essere debba fondarsi su protocolli validati da prove di efficacia e che il ruolo e il sapere dell’infermiere sia insostituibile nelle corsie. Se però l’utenza e il personale col quale lavoriamo a stretto contatto scambiano facilmente i rispettivi ruoli, se le differenze non emergono prepotentemente e con evidenza… probabilmente è perché, nei reparti, facciamo gli stessi gesti, ci approcciamo all’utenza allo stesso modo.

Il percorso formativo minimo, dopo la scuola dell’obbligo, per l’oss è di un anno, per l’infermiere di otto anni e per il medico di undici anni. Tutti avranno, poi, le stesse enormi difficoltà a trovare lavoro. Gli stipendi di oss e infermiere sono sovrapponibili, da “ultimi della classe”. Gli stipendi dei medici valgono circa il doppio. Non meritano di meno gli oss, non meritano di meno i medici, sia chiaro!

Alla politica, ai sindacati, alle associazioni di cittadini, alle persone comuni mi viene da chiedere: a queste condizioni quale infermiere troverete nei reparti? Lo stimolo a migliorarsi è alimentato dal riconoscimento, sociale ed economico. Se manca quello, la passione ha vita breve e lascia spazio alla frustrazione, alla rabbia. Sentimenti poco nobili e non adatti a chi deve dedicarsi all’assistenza, non adatti all’infermiere del terzo millennio. Se si dà poco valore a un lavoratore, egli metterà poco valore nel suo lavoro.

Massimo Arundine

 

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