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Quanti e quali batteri sono presenti sulle divise degli infermieri a fine turno?

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Quanti e quali batteri sono presenti sulle divise degli infermieri a fine turno?
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L’abitudine di portare a casa le divise fornite dal datore di lavoro è ampiamente diffusa anche in Italia. Tralasciando gli aspetti legali (visionabili qui) di tale comportamento, è possibile ritenere questa abitudine sicura per la salute del possessore di tale indumento da lavoro e di chi lo circonda?

I ricercatori della School of Nursing della University of Michigan hanno realizzato uno studio pilota per analizzare i patogeni che gli infermieri potrebbero portare a casa attraverso le proprie uniformi.

Per fare ciò, hanno distribuito delle divise sterilizzate a 10 infermieri in un ospedale periferico dello Washington State. I capi sono stati consegnati a inizio turno. Gli indumenti usati sono stati raccolti a fine turno ed inviati in laboratorio per l’analisi. 

 

Quattro test sono stati condotti su di essi:

  1. HPC test 
  2. Test per lo Staphylococcus Aureus Resistente alla Meticillina (MRSA)
  3. Test per Enterococchi Vancomicina-Resistenti
  4. Identificazione microrganismi attraverso HPC test

Ogni partecipante ha completato un questionario ed è stato sottoposto ad un successivo sondaggio. I risultati hanno evidenziato come la crescita media di colonie batteriche per pollice quadro sia stata di 1.246 unità per il turno di mattina e turno del pomeriggio e di 5.795 unità per il turno di notte.

Trascorse 48 ore, sono risultate positività per MRSA sul 40% delle divise degli operatori in servizio nei turni diurni e sul 30% delle divise degli infermieri in servizio nei turni notturni.

Tra gli ulteriori batteri rinvenuti sulle divise sono stati individuati: Bacillus sp., Micrococcus luteus, Staphylococcus aureus, Staphylococcus epidermidis e Micrococcus roseus.

La significativa presenza di batteri sulle divise, trascorse 48 ore dopo la fine del turno necessità sicuramente di ulteriori approfondimenti.

Urgono discussioni e considerazioni inerenti alle politiche sanitarie, considerato il pericolo per la salute pubblica.

In conclusione, il contributo scientifico di questo studio supporta quanto già sostenuto nelle precedenti ricerche. Le uniformi possono essere vettori in grado di diffondere infezioni non solo all’interno dell’ospedale, ma anche potenzialmente negli ambienti comunitari extra-ospedalieri.

Pertanto, ulteriori ricerche e specifiche procedure per i dipendenti ospedalieri risultano imperative per proteggere pazienti, professionisti della salute e per tutelare la salute della cittadinanza.

Simone Gussoni

Fonte

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