Un nuovo appuntamento con PsicoPoint, la rubrica psicologica settimanale redatta dal dottor Giuseppe Marino, sta per avere inizio:
IL DESERTO DELLA DEPRESSIONE
Qualche giorno fa ho riscoperto una lettura classica che non prendevo più in mano da parecchio tempo: Il deserto dei Tartari, di Dino Buzzati. A parer mio è un libro splendido e psicologicamente molto maturo, quasi talvolta complesso.
Senza spoilerare nulla che possa intaccare il piacere della lettura, il deserto dei Tartari parla di un giovane tenente, Giovanni Drogo, che viene assegnato ad una fortezza isolata e solitaria, ai confini di un immenso deserto ricoperto di rocce bianche.
Il giovane soldato, appena giunto alla magione, sulle prime ha timore di prestare servizio in quel posto tanto scomodo: avverte qualcosa di tetro e poco chiaro tra le mura vecchie ed arroccate. Poi però si convince a rimanervi e cade in una ragnatela invisibile, ma terrificante: s’abitua a quel disagio e come per uno strano sortilegio l’angoscia iniziale si tramuta nel suo modo di vivere. La fortezza diventa la sua galera.
Ma cosa centra tutto questo con psicologia e disturbi depressivi?
Premessa: la lettura, come tutte le forme d’arte, è un prezioso strumento per avvicinarci a sensazioni e modi di esistere per noi sconosciuti, desiderati o pericolosi.
Leggere è un modo per incontrare le passioni ed i tormenti dell’essere umano, con la sicurezza di potersene scostare una volta chiuso il libro.
Così, chi volesse provare cosa significhi sentirsi depressi può leggere il deserto dei Tartari.
E per darvene un piccolo assaggio, ora facciamo un piccolo gioco di fantasia, confondendoci tra le fila militari della fortezza Bastiani, rispettando comunque la curiosità di chi ancora non avesse letto il libro.
Immagina di essere un giovane militare e, come a Giovanni Drogo, oggi ti è stata recapitata una lettera per prestare servizio alla fortezza di confine!
Come sarà il nostro deserto personale?
Dopo una strada tortuosa e poco chiara, arrivi di notte al forte. Attorno a te c’è un umore depresso.
Vieni accolto in malo modo e tutto sa di vecchio e poco curato. C’è un cupo silenzio e così sarà per quasi tutti i giorni.
La depressione è tristezza, vuoto, disperazione: nel fortino in cui sei capitato non si muove nulla.. si aspetta però. Cosa? Tutti aspettano con una nutrita speranza una guerra che non arriva.
Un movimento di cavalli e cannoni, uno scalpiccio di passi ostili, un evento che cambi radicalmente le cose: ma all’orizzonte non si muove nulla. Non cambia niente. Tu avverti la frustrazione e ne parli con i compagni che sono delusi tanto quanto te: qualcuno magari sembra che non ci dia peso, ma sta mentendo a tutti per sembrare sopra le righe.
In verità, quel soldato è tra quelli che più di tutti spera che oltre gli sbarramenti si possa avvertire un colpo di artiglieria nemica.
Ogni tanto l’argomento della guerra fa scatenare qualche zuffa verbale, ed allora la depressione si esprime in un moto aggressivo e lamentoso, che termina con un languore lento e ristagnante. Non c’è vero movimento.
Le ore nella fortezza sono interminabili e sembrano tutte uguali: per te tutte orrende. Non te ne sei accorto e sono passati anni da quando sei arrivato a quel reggimento. Ormai non hai più interessi: non più un vero divertimento, ne uno svago che ti faccia sentire davvero bene.
Ogni tanto ripensi alla vita lasciata alle spalle per impegnarti nella milizia: un sospiro nostalgico, ma se ti chiedessero di tornare indietro non ti alzeresti comunque dal tuo letto, che ora ha preso la tua forma.
A pranzo si mangia per noia o non si mangia affatto: forse il cuoco ha cucinato anche bene qualche volta, ma tu non te ne sei accorto.
Non avverti più i piaceri.
Lo hai capito ricordandoti di quella ragazza, dai riccioli scuri a cui facevi un tempo la corte. Adesso non sapresti neppure trovare le parole adatte per intrecciare un buon discorso: figurarsi farci l’amore. Ogni attività è senza sapore e tu sei sempre stanco e svogliato.
La notte torni nella tua stanza: sempre uguale e sempre la solita. Non riesci a dormire, il sonno non arriva: oppure al contrario sei preso da una forte ipersonnia ed allora stai ore ed ore a pensare; ma a pensare a cosa? Pensi sempre alle solite cose, che vanno e tornano e girano in tondo dentro la tua testa.
E tu non riesci a liberartene perché, dentro quella stanza monotona, quasi ti fanno compagnia.
Quando tocca il tuo turno prendi posizione tra le feritoie, ma poco a poco, non hai più quell’esuberanza iniziale: nel fare le scale per giungere agli avamposti senti una fatica nuova ed insolita.
L’energia ti manca, tutto ad un tratto stai invecchiando rapidamente; e quando a fatica raccogli le forze per trascinarti fino al posto di guardia… eccolo, immenso e smisurato, davanti a te il deserto dei Tartari. Il deserto della tua depressione.
Dentro questa piccola storia sono raccolti i sintomi del disturbo depressivo grave, diagnosi riportata nel Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-5).
Ad un primo acchito si potrebbe pensare che sia solo un modo diverso o forse creativo di descrivere il disturbo depressivo: una licenza un po’ poetica (se vogliamo chiamarla a questo modo) per semplificare l’organico dell’articolo.
Ma non è proprio così. Dietro la storia della fortezza Bastiani c’è un modo molto efficace di prevenire alcune forme di depressione.
Come spesso accade per molte patologie, se vi è una buona informazione e una risposta preventiva allo scatenarsi del malessere è possibile guarire prima ancora che il morbo si sfoghi apertamente. La depressione, come molte patologie di carattere psichico può essere colta prima che si scateni in maniera dilagante: ma occorre essere lucidi e preparati.
Su cosa? Beh, prima di tutto su noi stessi. Leggere è uno strumento importante per l’essere umano.
Come si è detto prima, la lettura ci aiuta a cogliere alcune caratteristiche psicologiche personali e riflettere su alcune sfumature del nostro io che se vissute direttamente, potrebbero essere troppo forti per poterci ragionare su.
Le pagine dei libri ci aiutano ad aggiungere strumenti preziosi alla nostra intellettualità; ci possono difendere dagli attacchi dei nostri nemici e senza che noi ce ne accorgiamo i libri piantano dentro ognuno di noi dei piccoli semi, perché i deserti vengano ricoperti da spazi verdi di crescita e speranza.
Ringraziamo il dottor Giuseppe Marino per questa interessante analisi ed attendiamo tutti i nostri lettori mercoledi prossimo, per un nuovo appuntamento con PsicoPoint.
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