Ecco la ricetta proposta dal Sindacato nazionale autonomo medici italiani alla Regione Emilia Romagna per risolvere il problema.
Revisione del servizio di guardia medica e ambulatori distrettuali per attività di piccola urgenza. Sono alcuni dei punti del piano di riorganizzazione della medicina territoriale presentato dal Sindacato nazionale autonomo medici italiani (Snami) alla Regione Emilia Romagna. “In questo periodo di grave carenza di professionisti è necessario riorganizzare in maniera profonda e integrata la risposta sanitaria territoriale, che spesso oggi non ha gli strumenti per rispondere in maniera efficace in tutte le fasce orarie”, spiegano dal sindacato.
“Gli studi dei medici di famiglia devono rimanere il fulcro del l’attività di prevenzione diagnosi e cura. I medici di famiglia devono avere il tempo e le risorse per concentrarsi sui pazienti cronici, che oggi per via dell’invecchiamento della popolazione generale sono la vera epidemia”, ricorda lo Snami, che ha proposto una riorganizzazione integrata secondo parametri matematici di popolazione e area territoriale che consenta nell’ambito delle varie strutture, che potranno anche essere le case della comunità, l’apertura di ambulatori durante tutto l’arco della giornata, dalle 8 alle 24, garantentendo anche di notte l’attività di continuità assistenziale.
Secondo la proposta di Snami, in ogni postazione si prevede che siano presenti medici della ex guardia medica, delle Usca, delle Uca e della medicina dei servizi, che oggi si occupa prevalentemente di attività programmata di prelievi e vaccinazione, mettendo quindi tutti questi professionisti in grado di lavorare durante tutto il giorno e non solo per le prime due o tre ore della mattina. Il rapporto ottimale tra popolazione e superficie, secondo il sindacato, deve essere coincidente con quello dei mezzi di soccorso avanzato (uno ogni 60mila abitanti per non oltre 350 chilometri quadrati). In queste strutture dovrebbero essere “concentrati sia gli equipaggi medicalizzati del 118 sia i medici della ex continuità assistenziale così come gli infermieri addetti all’assistenza domiciliare e agli altri servizi territoriali”.
Le varie fasce orarie della giornata potrebbero, inoltre, essere dedicate ad attività programmate o legate a piccole emergenze, “riducendo quindi il ricorso inappropriato al pronto soccorso”. L’accesso a queste strutture “dovrà essere regolato in maniera da non creare una duplicazione dei servizi già esistenti”. Questo modello organizzativo “prevede solamente una ridistribuzione di ore di attività già esistenti, creando un modello più attrattivo per i giovani professionisti e garantendo la sostenibilità dei costi, senza sacrificare la capillarità che i cittadini meritano di mantenere per le risposte ai bisogni primari di salute”, conclude il sindacato.
Redazione Nurse Times
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