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Procedure 118 Emilia Romagna: #noisiamopronti per davvero?

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Quello che è accaduto negli ultimi giorni, se possibile, porta solo maggiore inquietudine in una faccenda, quella delle procedure infermieristiche 118 in Emilia Romagna, che non pare intravedere un barlume di ragione all’orizzonte.
Posizioni che si fatica a non definire integraliste e che portano alla sospensione, atto di poco precedente alla radiazione dall’albo, di importanti figure apicali del sistema 118 regionale.
Credo che lasciando che le vicende disciplinari, ed eventualmente legali, facciano il loro corso sia opportuno per noi infermieri, che nei vari sistemi di quelle procedure siamo gli utilizzatori, iniziare a fare una riflessione un po’ più ampia.
La soluzione per il problema emiliano arriverà, così come a suo tempo è arrivata, anche se con non poca fatica, quella per il see and treat in Toscana, per il quale il motivo del contendere era simile e la fonte dell’attacco la stessa.
E poi?

Sì, perché la domanda giusta da porsi credo proprio che debba essere questa: A quando una nuova Emilia Romagna? magari di nuovo in Toscana, o in Puglia, o in Lombardia….o chissà dove..
Quello a cui si assiste è il continuo aprirsi di contenziosi, funzionali alla riaffermazione del ruolo medico, in varie sfaccettature neppure sempre così nobili, che spuntano come funghi su un humus di norme scritte male, quando proprio non scritte, e su di una mancanza totale di visione programmatica di un ruolo, che dopo circa vent’anni dovrebbe essere ben definito, quale quello dell’infermiere di emergenza territoriale.
Importanti società scientifiche, e non solo, si sono espresse, anche nelle ultime settimane, su quello che gli infermieri, noi, possono fare in emergenza territoriale. Tutto dovrebbe essere chiaro. Eppure si continua a giocare sull’equivoco. Sembra sempre che, per qualche motivo, la presenza dell’infermiere in emergenza territoriale, specie se disgiunto dal medico, sia una sorta di concessione.

Ecco, allora, che regioni virtuose quali anche la Toscana, solo per fare un esempio, deliberano che l’infermiere è parte attiva del sistema di emergenza territoriale e che si può muovere in autonomia utilizzando procedure oggetto, anch’esse, di delibera (DGRT 237/2013) ma permettono, nel contempo, che tali deliberazioni restino di fatto, in alcune parti del territorio, lettera morta non pretendendo che i direttori dei singoli sistemi implementino tale livello assistenziale, causando oltre tutto una disparità importante di trattamento per gli stessi assistiti.
Forse in Emilia Romagna sarebbe stato importante che il passaggio che ora, tardivamente, la Regione si appresta a fare, quello cioè di deliberare delle procedure uniche regionali rendendo il sistema uniforme, fosse stato compiuto prima. Penso però che questo, in un livello più ampio, magari nazionale, non sarebbe e non sarebbe stato comunque sufficiente.

E’ necessario e doveroso, verso i cittadini e i professionisti, che si metta un punto a livello nazionale sulla faccenda. Per quello che concerne gli infermieri credo che non esista altro organo se non la Federazione Nazionale dei Collegi IPASVI che possa esprimersi, andando al di la dei doverosi e pure utili comunicati, con un tavolo tecnico nazionale, magari sotto l’egida del Ministero, che rilevi prima lo stato dell’arte dell’infermieristica di emergenza territoriale per poi scrivere, finalmente, un profilo dell’IET, il suo fabbisogno formativo (non sarà forse il momento di parlare di Laurea Magistrale clinica come a Firenze, e non solo,  stiamo sostenendo da tempo?) ed il suo ambito di competenza. Se non è la Professione a dire questo chi lo deve fare?

#noisiamopronti è un hashtag che sta aggregando in maniera splendida migliaia di professionisti, compreso il sottoscritto. Una domanda però deve sorgere spontanea: Per cosa lo siamo?

Già, perché a mio modesto parere o siamo pronti, come comunità professionale, a metterci in gioco nella maniera che ho sopra descritto o, al contrario, dovremo essere pronti a continuare a combattere battaglie, che potremo vincere o perdere, che saranno combattute sulla pelle di piccoli gruppi professionali, questo o quel 118 piuttosto che questo o quel DEA, e dei nostri pazienti.

Essere pronti vuol dire anche questo, non permettere che altre categorie professionali ingeriscano sul nostro agire in maniera impropria a causa della mancanza di una voce professionale univoca. A questo dobbiamo essere tutti pronti: Senatori infermieri, presidenti nazionali e provinciali, consiglieri nazionali e provinciali, sindacalisti, dirigenti, coordinatori e singoli infermieri. Lo siamo?

Roberto Romano

Consigliere IPASVI Firenze – Referente Area Emergenza Urgenza

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