I fatti risalgono al 2021, quando la paziente fu ricoverata per una polmonite. Nonostante la cartella clinica precisasse che era allergica a quel principio attivo, nella Rsa dove era stata trasferita le fu somministrata Tachipirina. Il gup ha respinto la doppia richiesta di archiviazione presentata dalla Procura, secondo la quale non vi sarebbe nesso di causalità tra farmaco e decesso.
Il 6 luglio 2021 una donna, ricoverata a maggio per una polmonite, morì a Prato poco dopo che le era stato somministrato paracetamolo, sebbene nella cartella clinica fosse specificato che era allergica. Per questo i famigliari hanno sporto denuncia, ma per ben due volte la Procura ha chiesto l’archiviazione del caso, non rinvenendo, sulla base della perizia tecnica, nessun collegamento fra l’assunzione del principio attivo e il decesso. Una richiesta respinta dal gup, che ha rinviato gli atti in Procura, disponendo di riformulare il capo di imputazione nei confronti del medico che effettuò la prescrizione e dell’infermiera che la mise in pratica. Per entrambi l’accusa è di omicidio colposo.
La signora rimase ricoverata fino al 23 giugno, quando fu trasferita in una Rsa per continuare la terapia antibiotica. Il giorno successivo il medico di turno della struttura le prescrisse una Tachipirina, a base appunto di paracetamolo. Da quel momento le condizioni della paziente cominciarono a peggiorare, finché il 2 luglio fu portata nuovamente al Pronto soccorso. Quattro giorni dopo, il decesso. I medici dell’ospedale avevano notato un’eruzione cutanea su gran parte del corpo, che faceva pensare a una sospetta sindrome di Lyell. Le conclusioni del perito della Procura però non indicavano nella sindrome la causa della morte, che invece fu attribuita alle condizioni generali di salute.
Il giudice ha ritenuto che nella perizia tecnica fossero presenti svariate contraddizioni, a cominciare dalla mancata indicazione delle patologie pregresse, che avrebbero causato il decesso della donna, le cui condizioni di salute erano comunque stazionarie, prima di assumere la tachipirina. Per il giudice, infatti, nonostante nella perizia ci fosse scritto che la statunitense Fda aveva inserito il paracetamolo tra i fattori scatenanti della sindrome di Leyll, e che uno studio del ministero della Salute mettesse in evidenza come la sindrome potesse rivelarsi letale in pazienti affetti da altre patologie, la conclusione resta sempre la stessa: morte per patologia pregressa.
Contraddizioni che hanno portato il gup a rinviare gli atti in Procura e a non disporre l’archiviazione neppure nei confronti dell’infermiera, che era sì una “mera esecutrice degli ordini del medico”, ma era sufficientemente formata per leggere una cartella clinica.
Redazione Nurse Times
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