Ammonta a 143.102 euro la somma che la dottoressa dovrà versare a titolo di risarcimento del danno erariale apportato alla Usl Umbria 1. I fatti risalgono al 2006.
I giudici della Corte dei Conti hanno condannato una ginecologa perugina al pagamento di 143.102 euro, ritenendola responsabile di “colpa grave” del danno erariale apportato alla Usl Umbria 1 in relazione alla nascita di un bambino con gravissime menomazioni, risalente al 2006. Nella sentenza si parla di “controlli esigui e tardivi”, che non sono stati “correttamente interpretati”. Tardivo anche il cesareo, “intervenuto quando ormai le condizioni fetali erano così compromesse da determinare gravi sequele neurologiche neonatali”.
Insomma, secondo quanto prospettato dalla Procura contabile e integralmente accolto dai giudici, la ginecologa avrebbe “sottostimato il quadro clinico della donna, prescrivendo controlli esigui a fronte di patologia così grave (gestosi ipertensiva e del feto, ndr)”. Non solo, la dottoressa avrebbe anche “interpretato erroneamente gli esami diagnostici effettuati sulla donna e sul feto”.
Si legge inoltre nella sentenza: “Dagli esami sarebbe stata manifestamente evidente la sofferenza fetale, presente quanto meno dalla trentaduesima settimana e progressivamente aggravatasi, emergente tra l’altro dal progressivo ritardo della crescita intrauterina e dalla sofferenza fetale cronica. Circostanze che avrebbero imposto la notevole anticipazione del parto”. Tutto ciò ha causato, stando alla consulenza medico legale agli atti, “la nascita di un neonato affetto da grave encefalopatia post-anossica e sindrome di West”, ovvero “un grave danno cerebrale” che ha causato “deficit visivi, motori, cognitivi e sindrome epilettica” al bambino.
Sempre nella consulenza medico legale si legge: “La condotta che avvalora il maladempimento è stata quella di non aver sospettato il rallentamento di crescita all’ecografia del 29 settembre 2006 e di non averlo in concreto rilevato al successivo controllo del 16 ottobre 2006, pur se i dati biometrici fetali erano fortemente indicativi di tale condizione, peraltro in una gravidanza già complicata da ipertensione gestazionale, cosicché la gravidanza è evoluta fino al successivo 2 novembre 2006 con persistenza di feto in utero ostile e con sopravvenuta sofferenza fetale”.
La dottoressa, dal suo canto, ha “contestato la ricostruzione della Procura e l’efficacia delle consulenze”. In particolare, “ha richiamato le problematiche della gestante e ha escluso che l’evento lesivo possa essere addebitato a una condotta gravemente colposa”, recita la sentenza.
Redazione Nurse Times
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