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Oss non formati al posto di infermieri: in Veneto un bimbo affetto da malattia rara rischia la vita a scuola

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Oss non formati al posto di infermieri: in Veneto un bimbo affetto da malattia rara rischia la vita a scuola
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La mamma del piccolo Ettore, affetto da sindrome di Moebius, ha raccontato a Fanpage.it gli enormi disagi che la sua famiglia sta vivendo.

Ettore è un bambino di sei anni e mezzo e ha una malattia rara, la sindrome di Moebius, che comporta la paralisi dei nervi facciali. A causa di questa patologia ha una tracheostomia, la Peg (gastrostomia endoscopica percutanea), ed è ventilato durante la notte e, in caso di necessità, anche durante il giorno. Necessita di assistenza sia a casa che a scuola. Un’assistenza che però in Veneto, dove vive, gli è garantita a metà.

Lì, infatti, questo tipo di assistenza non è affidata agli infermieri, ma agli operatori socio-sanitari. I genitori del bimbo raccontano come, negli ultimi tempi, abbiano trovato oss che, per quanto disponibili, non possedevano la giusta formazione per eseguire manovre di rianimazione complesse e salvavita. “Ci siamo trovati con un’operatrice che, per quanto disponibile, non aveva alcuna base, e con un’altra che non era formata – dice la mamma di Ettore a Fanpage.it –. Noi abbiamo bisogno di persone competenti, perché non possiamo vivere con l’ansia che possa accadere qualcosa di grave”.

Una situazione che, proprio quest’anno, li ha spinti ad assistere personalmente il figlio durante l’orario scolastico. “La scuola che abbiamo scelto per mio figlio – continua la donna – offre progetti inclusivi, e infatti il personale è fantastico. Sono tutti molto disponibili e li ringraziamo ogni giorno per quello che fanno per nostro figlio. Le insegnanti, però, non possono eseguire manovre di rianimazione. Per quelle servono infermieri o, come nel caso del Veneto, operatori socio-sanitari. Purtroppo sono state inviate due operatrici, che seppur disponibili, non sono formate”.

Ettore ha iniziato la scuola il 12 settembre. La specificità del suo caso prevede che, qualora dovesse essere scelto un nuovo operatore, questi inizi il processo di avvicinamento e conoscenza del piccolo mesi prima. Ai genitori è stato comunicato loro il nome della nuova oss a fine agosto, senza darle il tempo per conoscere bene il bambino. È infatti necessario che tra i due si instauri un rapporto solido, nell’eventualità che sia necessatio eseguire manovre particolarmente invasive o per le quali sia comunque importante costruire un rapporto di fiducia.

Ebbene, l’operatrice arrivata a casa della famiglia non solo avrebbe chiesto di svolgere fin da subito manovre particolarmente invasive, ma non sarebbe stata in possesso di un’adeguata formazione. Fino a quel momento, infatti, aveva lavorato solo con bambini affetti da autismo o da ritardi cognitivi: “Non aveva mai fatto tracheo o Peg. Non aveva un corso base su queste pratiche. E per questo è andata all’hospice pediatrico, che fortunatamente garantisce un corso di formazione e l’ha formata per due ore su un manichino”.

Una formazione che però non è bastata. “Dopo due settimane è arrivata da noi e ho scoperto che non aveva preso appunti – continua la mamma –. Le ho dovuto spiegare come funzionava il sondino d’aspirazione ed era confusa tra tracheo e sondino. Mi sono resa conto che non aveva le basi. Io ho bisogno di persone che siano formate, perché non posso avere l’ansia che accada qualcosa di grave. Mio figlio va ricanulato nell’immediato, altrimenti non respira e, se siamo nelle fase in cui è nero, va inserita con forza la canula e rianimato. Noi lo abbiamo già rianimato quattro volte”.

E al padre non è andato meglio. A scuola è arrivata infatti un’operatrice che aveva chiesto delucidazioni sulle manovre di rianimazione. La madre di Ettore è sconfortata: “Il distretto sa già di che bambino si tratta. Non può mandare operatori a caso: devi reperire una oss che abbia delle basi, e le altre le devi aggiornare”. La famiglia continua a chiedere alla Ussl competente di intervenire in maniera decisa: “Prima dell’inizio della scuola avevamo chiesto la copertura delle ore totali di assistenza infermieristica. Poi ci siamo trovate con una oss che non era aggiornata e non conosceva alcuna pratica di rianimazione, e un’altra, quella nuova, che non aveva alcuna base”.

Dal canto suo l’Azienda sostiene che quanto fatto finora sia sufficiente, avendo fornito un monitoraggio continuo, ma anche personale qualificato, anche quando il bimbo non ha potuto frequentare la scuola. Eppure i genitori, a causa della mancata formazione delle operatrici, sono stati costretti a prendere in mano la situazione e a coprire loro stessi le ore scolastiche per assistere Ettore: “Per questo motivo abbiamo fatto una diffida all’Ulss. Con questa diffida, è arrivata una oss, ma mio marito è comunque rimasto con il bimbo per supervisionare il tutto. Né noi né la scuola, però, siamo stati avvisati su quale operatrice ci sarebbe stata e, soprattutto, se ci sarebbe stata”.

I genitori, attraverso i loro legali, hanno depositato un ricorso straordinario in tribunale. “L’abbiamo fatto per avere una pronuncia veloce che condanni la pubblica amministrazione e la Ussl 7 ad assegnare a Ettore un operatore socio-sanitario formato – spiega a Fanpage.it l’avvocato Laura Andrao. Abbiamo esperienza su bimbi con le stesse fragilità di Ettore, che rischia di morire per arresto cardio-circolatorio ogni volta che gli si toglie la canula”.

Come per tutti i bambini, anche per Ettore la scuola è un diritto. Un diritto che gli ha permesso di fare passi da gigante. “Grazie al centro estivo, alla scuola e alle terapie sta facendo grossi passi avanti”, racconta ancora la mamma. Il bimbo, infatti, è stato per tanto tempo in ospedale: “A scuola ha potuto frequentare la mensa, ed è stato lì che ci ha chiesto di mangiare per bocca. E dopo aver intrapreso un percorso offerto dall’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma, adesso ci riesce”.

Lo stimolo della scuola e degli altri bimbi hanno portato Ettore a raggiungere nuovi obiettivi: “Per esempio con la tracheostomia. In genere si usa un filtro, ma noi abbiamo iniziato a fare il passaggio con la valvola fonatoria, e ora usa un tappo che è un ausilio per chiudere la tracheostomia, e sta cercando di respirare con naso e bocca, ed emette alcuni suoni che prima non emetteva. Lui si sente imbrigliato in un corpo che lo limita, e noi stiamo cercando di aiutarlo, soprattutto per quello che riguarda il motorio e la mobilità. Adesso inizia a colorare, a impastare e a fare tutte le cose che già da piccoli si fanno”.

Il disagio provocato dalla mancata formazione delle operatrici si ripercuote sia sul bimbo che sulla famiglia, costretta a lasciare il lavoro per assisterlo. “Io sono a casa da quando è nato per fare assistenza h24, e dovrei licenziarmi perché ho terminato tutti i permessi possibili e immaginabili – racconta ancora la mamma –. Il mio obiettivo è che lui frequenti la scuola per tutte le ore previste”.

“Queste famiglie si trovano ad affrontare un importante carico di responsabilità, problemi e difficoltà psicologiche – spiega, sempre a Fanpage.it, Alessandro Chiarini, presidente dell’associazione Confad, che assiste legalmente e tecnicamente diverse famiglie –. Spesso devono anche trovarsi di fronte a diritti negati e atteggiamenti di scarso interesse. E questo è scandaloso, soprattutto perché i soggetti coinvolti sono i Comuni, le Asl e le Regioni, cioè enti che dovrebbero garantire la possibilità di fruire del fondamentale diritto allo studio”.

Redazione Nurse Times

Fonte: Fanpage.it

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