Condizioni di lavoro inaccettabili all’Ospedale Mazzoni. Arriva la lettera di diffida dell’avvocato Patrizia Paolucci spedita per conto del Nursind che racconta la drastica situazione che gli operatori sanitari vivono quotidianamente all’interno del pronto soccorso del nosocomio di Ascoli Piceno.
“Nello specifico – scrive l’avvocato – si evidenzia che il Pronto Soccorso presenta quattro diversi posti di stazionamento per un totale di dodici/tredici pazienti covid: c’è il “PMA” (“posto medico avanzato”) che consiste in un tendone inserito all’interno della “camera calda” all’ingresso del Pronto Soccorso in cui sono state situate 6 barelle per i pazienti covid-19/ sospetti covid. Tale luogo non è a pressione negativa e i dipendenti che vi lavorano riferiscono altresì che non è possibile monitorare tutti i pazienti, essendo i monitor esistenti insufficienti (un monitor per due pazienti), non vi sono campanelli per la chiamata del personale infermieristico, non vi sono telecamere di sorveglianza; ciò comporta che i pazienti di fatto non vengano assistiti come substandard care; non vi sono addirittura neppure i servizi igienici, pertanto gli ammalati sono costretti ad indossare dei pannoloni, le prese di corrente sono solo quattro e situate in fondo al tendone; è stato quindi necessario attaccare delle prolunghe”.
Nel dossier si parla di solo quattro prese di corrente presenti all’interno di quel tendone, prese che “sono tutte in fondo al tendone; è stato quindi necessario attaccare delle prolunghe tramite ciabatte volanti non a norma, tutto ciò rende necessario spostare le barelle con i pazienti per arrivare al monitor attaccato alle prese; si tratta di un ambiente promiscuo in cui vi sono pazienti di sesso maschile di sesso femminile”.
“Oltre il posto medico avanzato – continua la legale nella lettera – esiste la “stanza Sars” (anch’essa senza bagno) in cui vengono posizionate due/tre barelle, anche questo luogo non è a pressione negativa, con tutte le conseguenze di rischio di contagio che comporta. I “pazienti covid” (e/o sospetti) sono altresì collocati nella “stanza 19”, sita di fronte al Pronto Soccorso, locale, tanto per cambiare, privo dei servizi igienici fuorché un bagno chimico all’esterno, niente videosorveglianza e niente campanelli per la chiamata: i due pazienti che vi vengono sistemati sono lasciati abbandonati a sé stessi. Per passare dalla palazzina del Pronto Soccorso alla “stanza 19” e al “container” gli infermieri devono uscire all’esterno e sono esposti alle intemperie; soprattutto quando piove rischiano di scivolare e anche di essere investiti dalle autoambulanze che transitano sul loro tragitto. Altri pazienti del “Mazzoni” sono piazzati nel container provvisto di bagno ma senza campanello di chiamata personale e senza video sorveglianza”.
Ma il documento parla anche della carenza di personale sanitario: “Vi è anche – spiega – promiscuità di percorsi tra pazienti Covid e pazienti non affetti da Covid; tutte queste stanze sono gestite da due soli infermieri di cui un infermiere (turno 8,00 -14,00 e turno 14,00- 20,00) e da un infermiere OT (h 24) che segue i pazienti Covid ed è addetto ai trasporti urgenti; c’è anche un quinto infermiere in turno dalle 8,00 ore 20,00. Per l’assistenza di pazienti Covid e sospetti vengono utilizzati infermieri neolaureati, privi di esperienza”.
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Fonte: lanuovariviera.it
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