La scoperta è stata fatta dai biologi dell’Università di Francoforte sul Meno, che hanno analizzato 20 campioni di acqua minerale conservata in bottiglie di Pet (polietilene tereftalato), trovando quantità rilevanti di sostanza chimiche simili agli ormoni femminili in ben 12 casi
Nelle bottiglie di acqua conservate in plastica è possibile che ci sia la presenza di sostanze chimiche la cui formula rimanda agli ormoni femminili:così da uno studio condotto da alcuni biologi dell’Università di Francoforte sul Meno, su 12/20 di bottiglie esaminate.
A ben vedere l’allarme può essere esteso anche a tessuti, bicchieri, pellicole, giocattoli e tutto il materiale realizzato o derivato dal polietilene tereftalato (PET).
Questo elemento chimico ha una norma europea che ne sancisce pericolosità e sicurezza per la salute umana: Direttiva 2002/72/CE della Commissione Europea e successive modifiche (2004/19/CE)
Il polietilene tereftalato (PET) ha la caratteristica di cedere al prodotto col quale viene a contatto delle particelle che possono, se in concentrazione elevate, esposizione continua, generare seri problemi alla salute. Ad esempio si ricordano Formaldeide e acetaldeide, Ftalati, Antimonio (questo ultimo può causare cancro e problemi respiratori); gli ftalati mentre possono dare squilibri endocrinologici (Ridotto numero di spermatozoi, atrofia testicolare o anomalia strutturale e Cancro al fegato) ed allergie; la formaldeide ed acetaldeide, che se esposti al sole, vengono ceduti all’acqua e quindi introdotti nel nostro organismo.
Altre precauzioni sono di non riutilizzare parecchie volte una bottiglia esausta perché il PET si degrada e diffonde nella bottiglia stessa e nei riempimenti successivi ci sono buone probabilità che le quantità introiettate nell’organismo diventino elevate e nocive.
Per fortuna NON ESISTONO RISCHI DIRETTI O MUTAGENI, perché le autorità sanitarie si occupano di garantire il rispetto delle normative e, in generale, la concentrazione di queste particole nocive che si trasferiscono dalle bottiglie all’acqua è solitamente molto bassa. Un alternativa “salutare” alle potenziali problematiche di questo materiale è l’uso di acqua del rubinetto, dispositivi in grado di depurare l’acqua oppure la classica bottiglia in vetro.
Ogni bottiglia di plastica si correda di un numero: IL NUMERO SULLA BOTTIGLIA DI PLASTICA INDICA DA COSA E’ COMPOSTA. Sul retro della bottiglia è presente un triangolo contenente un numero che va dall’1 fino al 7. A seconda del numero riportato è possibile sapere se la plastica usata per la produzione della bottiglia è dannosa o meno per la nostra salute.
Numero 1: Sigla del PET (Polietilentereftalato). Nonostante sia uno dei materiali più sicuri per contenere acqua, va usata una sola volta.
Numero 2: Sigla del PE (Polietilene), viene considerata come una plastica di qualità. Le bottiglie col numero 2 sono molto sicure, e possono essere riutilizzate in tutta tranquillità.
Numero 3: Sigla del PVC (Polivinilcloruro). Si tratta di un materiale di bassa qualità, che contiene due sostanze tossiche per il nostro organismo tra cui gli ftalati : evitare di consumare quest’acqua, e se non possibile non riutilizzare la bottiglia.
Numero 4: Sigla del LDPE (cloruro di polivinile). Si tratta di una bottiglia fatta con plastica sicura. Questa categoria di plastica viene impiegata soprattutto per le buste di plastica.
Numero 5: Sigla del PP (Polipropilene). Bottiglie molto diffuse, si tratta di una plastica bianca, usata ad esempio per le confezioni di yogurt. Non rappresenta pericoli molto dannosi per la nostra salute.
Numero 6: Sigla del PS (polistirene o polistirolo), non si tratta di una plastica di qualità, e potrebbe essere dannosa. Viene utilizzata spesso per i bicchieri usa e getta.
Numero 7: Indica altri tipi di plastica, fra i quali il BPA (bisfenolo A) è un interferente endocrino che causa danni ormonali e quindi a catena crea danni gravi alla salute. Spesso usato per le borracce e biberon (Secondo l’EFSA il BPA non rappresenta un rischio per la salute della popolazione di alcuna fascia di età (inclusi feti, neonati e adolescenti), ai livelli attuali di esposizione 4 µg/kg di pc/giorno).
CALABRESE Michele
Sitografia e Bibliografia:
https://www.efsa.europa.eu
https://viverepiusani.it
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