La sindrome alcolica fetale (FAS) è la manifestazione conclamata dei danni causati dal consumo di alcol durante la gravidanza. Venne descritta per la prima volta in Francia nel 1968 da Paul Lemoine e successivamente, agli inizi degli anni ‘70, dagli statunitensi Smith e Jones che ripresero le ricerche e attribuirono alla sindrome il nome di Fetal Alcohol Syndrome, ridefinendo quella serie di malformazioni e alterazioni comportamentali che venivano chiamate Funny Looking Kids (“bimbi dall’aspetto bizzarro”).
Rappresenta una delle patologie più gravi che può interessare il feto, tra quelle indotte dal consumo di alcol in gravidanza.
Dall’analisi dei dati riguardanti la situazione italiana, una madre su 67 che beve alcolici durante la gravidanza metterà al mondo un figlio affetto da FAS. Nel mondo, circa il 10% delle donne in dolce attesa assume alcol. In Italia invece si arriva a toccare la soglia del 50% con un primo consumo di alcol nelle donne che si aggira intorno agli 11 anni di età.
Il bollettino diramato dalla Confederazione italiana pediatri del Lazio rappresenta un campanello di allarme da non sottovalutare. Nella regione nascono 47 neonati su 1000 affetti da tale sindrome.
«Il feto non metabolizza l’alcol, dunque l’esposizione prenatale a questa sostanza – spiega Maria Pia Graziani, pediatra di libera scelta e responsabile del Comitato scientifico Cipe del Lazio – può provocare patologie congenite molto gravi, ma anche disfunzioni che si possono manifestare nell’arco di tutta la vita.
Gli allarmanti dati epidemiologici che abbiamo a disposizione – avverte – ci obbligano ad un’azione tempestiva e capillare di informazione delle famiglie nonché di formazione rivolta a tutti i medici (tra cui pediatri, ginecologi, medici generici, neuropsichiatri) che hanno un ruolo fondamentale nella prevenzione e nella diagnosi precoce, oltre che per la cura».
«In questa direzione, stiamo lavorando a stretto contatto con il Crarl, ovvero il Centro di riferimento alcologico della Regione Lazio. È fondamentale – aggiunge – far comprendere la rilevanza sociale delle patologie alcol-correlate, peraltro facilmente prevedibili e prevenibili».
«La Fas – continua la pediatra – si può manifestare con disfunzioni di tipo morfologico, ad esempio sul volto, in forme più o meno evidenti, ma anche con deficit di attenzione e di apprendimento, iperattività, problemi comportamentali fino a malattie mentali con gravi conseguenze a lungo termine.
Eppure – denuncia – ci troviamo al cospetto di una sindrome poco pubblicizzata: nel Lazio, nel corso del 2018, è stato dedicato alla sindrome feto-alcolica un solo convegno su 1.834 eventi di pediatria accreditati. A questo si aggiunge la sostanziale sottovalutazione dei rischi del consumo di alcol in gravidanza nei cittadini».
«Sono certa – conclude Graziani – che la diffusione di una approfondita conoscenza della sindrome, unita all’esatta integrazione nonché organizzazione delle varie figure specialistiche implicate in questa patologia, siano in grado di modificare in maniera sostanziale i profili della morbilità e delle sue complicanze, permettendo a migliaia di bambini, ogni anno, di nascere sani e senza danni da alcol».
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