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Nursing Up al Governo: “Infermieri pronti per nuove sfide, ma vogliamo essere valorizzati”

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Nursing Up al Governo: “Infermieri pronti per nuove sfide, ma vogliamo essere valorizzati”
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Dopo la lettera inviata dalla Fials al ministro della Salute, Giulia Grillo, anche il sindacato Nursing Up ha deciso di scrivere al nuovo Governo, indirizzando la propria missiva, firmata dal presidente Antonio De Palma, al premier Giuseppe Conte e ad altri esponenti di Camera e Senato. Ecco il testo integrale.

Illustri Presidenti, onorevoli Ministri,
Vi aspetta un compito gravoso e denso di sfide, per questo il sindacato degli infermieri Nursing Up Vi rivolge i migliori auguri di buon lavoro, mettendosi a disposizione, in qualità di catalizzatore delle istanze dei professionisti sanitari, per collaborare sul tema fondamentale del diritto alla Salute che unisce infermieri e cittadini in un patto di alleanza imprescindibile da inquadrare in un momento storico di particolare difficoltà del Servizio sanitario nazionale, a 40 anni dalla sua nascita. Un patto per la Salute necessario, a nostro avviso, per il bene del Paese, affinché ritorni priorità la sanità pubblica, a vantaggio di tutti i cittadini, in special modo dei meno abbienti.

All’indomani della fiducia al Governo dalla Camera dei Deputati, vogliamo dare la nostra, idealmente, ad un esecutivo che ha promesso al Paese il cambiamento. Anche Nursing Up, lo storico sindacato di categoria che rappresenta gli infermieri da 20 anni, aspetta con ansia che le condizioni di lavoro dei professionisti della salute cambino, com’è giusto che sia.

Dopo 9 anni di attesa del rinnovo contrattuale, il nuovo Ccnl non ci ha riconosciuto: dignità professionale e valorizzazione delle competenze sia dal punto di vista economico che giuridico; il passaggio di categoria da D a DS (gli infermieri sono laureati); l’aumento sulle indennità ferme alla lira (un infermiere prende poco più di 2 euro l’ora durante il periodo che va dalle 22 alle 6 del mattino); l’eliminazione della deroga al riposo minimo continuativo di 11 ore ogni 24 per la pronta disponibilità passiva prevista dalla normativa europea (con pericolose ricadute sulla sicurezza delle prestazioni ai cittadini); il diritto di svolgere attività libero-professionale, anche con modalità analoghe a quelle previste per il personale medico; 4 ore settimanali per l’aggiornamento professionale (come già avviene per i medici); direttive finalizzate alla detassazione del salario di produttività, come per il privato.

Gli infermieri italiani sono 447mila, di cui circa 270mila dipendenti della pubblica amministrazione, ma il numero di questi ultimi avrebbe dovuto essere di gran lunga superiore, se non ci fosse stato il blocco del turnover che la politica dei tagli alla sanità impone da tempo immemore. Il risultato è sotto gli occhi di tutti. Leggiamo tutti i giorni sulle agenzie di stampa cosa succede negli ospedali italiani: una situazione emergenziale della macchina sanitaria che porta a chiusure estive di interi reparti, operazioni programmate che slittano a settembre, liste d’attesa di mesi che si allungano sempre di più. Ma non solo, si registra l’aumento di giorno in giorno delle aggressioni agli infermieri nei Pronto soccorso, durante le attese in ambulatorio e persino mentre vengono effettuati gli interventi del 118. Fenomeno, quello della violenza nei confronti del personale sanitario, per cui è stato istituito un Osservatorio presso il Ministero della salute. Ma ci chiediamo e lo chiediamo anche a Voi, se una tale contromisura sia sufficiente.

La media OCSE di 9 infermieri per mille abitanti, come già ha fatto notare la FNOPI in una bella lettera al nuovo Governo del 1° giugno, è distante da quella italiana, che è del 5,4 per mille abitanti (Rapporto OECD Health and Glance, 2017). Inoltre l’attuale rapporto infermiere/pazienti è pari a 1/12, mentre il rapporto dovrebbe essere di 1/6, stando a una ricerca pubblicata sul British Medical Journal, da cui è emerso che il tasso di mortalità in ospedale diminuisce del 20% in questo secondo caso. Così facendo, per quanto tempo ancora il sistema sanitario italiano rimarrà tra i migliori dei 29 Paesi OCSE? É chiaro che per fornire un’assistenza adeguata ai cittadini, ci vogliono più infermieri. Tanto più che ci sono circa 25mila giovani professionisti della salute che, una volta laureati, non hanno trovato lavoro.

La loro formazione ha avuto un costo per il Paese e ora ce li lasciamo scappare, una parte di loro va all’estero, dove gli infermieri italiani vengono subito assunti perché considerati tra i migliori d’Europa. E allora tutto questo Le sembra giusto, caro Presidente del Consiglio? Ci rivolgiamo a Lei in particolare, professor Conte, perché abbiamo ascoltato le sue parole. Ha detto che il DEF già deliberato prevede una contrazione della spesa sanitaria, ma che sarà compito del nuovo Governo invertire questa tendenza per garantire la necessaria equità nell’accesso alle cure. «Le differenze socioeconomiche non possono, non devono risultare discriminanti ai fini della tutela della salute per i cittadini del nostro Paese». Parole che condividiamo in pieno.

Lei ha dichiarato che perseguirete una maggiore efficienza nell’erogazione dei servizi, sia in ordine ai volumi, alla qualità e agli esiti delle cure, sia in ordine alla gestione dei conti. «Il Governo – ha aggiunto – lavorerà d’intesa con le Regioni e le Province autonome per implementare modelli organizzativi più efficaci, in grado di garantire una corretta presa in carico dei pazienti, favorendo la promozione e la prevenzione della salute attraverso l’integrazione dei servizi socio-sanitari oltre che il potenziamento della medicina del territorio». Ebbene gli infermieri italiani sono pronti a raccogliere queste nuove sfide, non senza chiedere in cambio la dignità professionale e la valorizzazione delle loro competenze che il CCNL comparto Sanità 2016-2018 non ha previsto (e per questo non l’abbiamo sottoscritto lo scorso 21 maggio in Aran).

Vogliamo richiamare l’attenzione della politica sulla stanchezza di una categoria, la più numerosa della PA, che regge sulle sue spalle ormai da anni il peso della sanità: una categoria invecchiata dal blocco del turnover, investita da nuove pesanti responsabilità giuridiche che la legge le assegna, troppo spesso soggetta all’odioso fenomeno del demansionamento dovuto alla carenza di personale, poco riconosciuta e rispettata, persino mortificata da uno stipendio, tra i più bassi in Europa. La categoria degli infermieri italiani ha riscontrato sulla propria pelle le conseguenze dei tagli continui alla spesa sanitaria, vedendo sopravanzare sempre di più l’ideologia dell’efficienza/efficacia aziendali a scapito della qualità dei servizi resi al cittadino e, in definitiva, dell’attenzione ai più deboli.

Questo è il nostro grido d’allarme. Facciamo appello al nuovo Governo, affinché questa logica inverta la rotta una volta e per sempre, consentendo anche agli infermieri italiani di iniziare ad avere speranza nel futuro del Paese. Noi siamo pronti a fare la nostra parte, per il bene dei cittadini e quello della professione, per questo chiediamo un incontro al Presidente del Consiglio, al Ministro della Salute ed a quello del Lavoro, al Ministro dell’Economia ed a quello della Pubblica Amministrazione, per essere ascoltati.

Cordiali saluti

Il presidente
Antonio De Palma

 

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