E’ iniziato ieri mattina e si protrarrà fino al 9 gennaio il più lungo sciopero nella storia dell’Nhs, il servizio sanitario britannico, che proprio l’anno scorso ha celebrato i 75 anni dalla fondazion ma continua a dover affrontare cronici problemi strutturali e organizzativi.
A incrociare le braccia negli ospedali inglesi sono ancora una volta i cosiddetti junior doctor, medici neo-specializzati chiamati a coprire mansioni varie e turni di guardia in cambio di compensi modesti rispetto ai colleghi strutturati, e per questo impegnati in una prolungata vertenza salariale col Governo conservatore di Rishi Sunak.
L’agitazione, che coinvolge 50mila camici bianchi rappresentati dal sindacato di categoria, la British Medical Association (Bma), è destinata a causare gravi disagi ai pazienti per la cancellazione di visite e procedure non urgenti.
“Questo gennaio potrebbe essere uno degli inizi d’anno più difficili che il Servizio sanitario nazionale abbia mai affrontato”, ha affermato il direttore medico di Nhs England, Stephen Powis, sottolineando che le conseguenze della protesta sono ulteriormente complicate dalla maggiore affluenza di persone bisognose di cure per l’impennata delle malattie respiratorie nella stagione invernale, dal picco dei casi di Covid registrato nel Regno Unito.
L’invito, comunque, è quello di non rinunciare a rivolgersi agli ospedali in caso di necessità. Mentre la ministra della Salute, Victoria Atkins, oltre a lanciare un allarme per la salute dei pazienti a rischio, ha rivolto un appello al sindacato dei giovani medici: “Esorto la Bma a sospendere gli scioperi e a tornare al tavolo delle trattative, in modo da trovare una soluzione giusta e ragionevole per porre fine alle agitazioni una volta per tutte”.
La riapertura del tavolo negoziale con il Governo Tory, dopo la lunga stagione di proteste iniziata lo scorso marzo, era stata bruscamente interrotta all’inizio di dicembre dal ritiro dei rappresentanti di categoria della Bma, i quali avevano respinto l’offerta migliorativa in materia di incrementi salariali messa sul piatto dalla ministra della Salute, ritenendola insufficiente. A uno sciopero di tre giorni prima di Natale, che aveva causato la cancellazione di 88mila appuntamenti, è seguito quello di sei giorni attualmente in corso e destinato a causare nuove polemiche.
Alla vigilia dell’agitazione il quotidiano filo-governativo Daily Telegraph aveva pubblicato un articolo in cui metteva in relazione l’aumento dell’indice di mortalità registrato nel 2023, con 53mila decessi in eccesso rispetto al dato considerato normale – il numero più alto dalla Seconda guerra mondiale, escluso il periodo della pandemia – con i 28 giorni di sciopero dei medici nell’anno scorso.
Secondo alcuni esperti citati dal giornale, le proteste sindacali hanno avuto un effetto, anche se non calcolabile esattamente, in quanto “i pazienti sono stati abbandonati a se stessi”, come ha affermato il professor Carl Heneghan, direttore del Centre for Evidence-Based Medicine dell’università di Oxford. Dal canto loro, i junior doctor rivendicano le loro ragioni e il fatto che non possono continuare a lavorare nelle attuali condizioni.
Il mese scorso il loro sindacato aveva rifiutato il 3% di aumento medio annuale immediato proposto dal Governo e dai vertici del sistema sanitario, in aggiunta all’8,8% già concesso nei mesi scorsi (e nettamente superiore all’inflazione), e aveva rilanciato con la richiesta iniziale di un aggiornamento delle retribuzioni addirittura del 35%, a copertura di una perdita di potere d’acquisto calcolata sugli ultimi 15 anni, giudicata però come insostenibile dall’Esecutivo.
Redazione Nurse Times
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