La procedura si è svolta secondo le modalità stabilite dalla nuova legge sul biotestamento.
Una donna di 49 anni affetta da sclerosi laterale amiotrofica è morta sabato nella propria abitazione di Nuoro, manifestando per quattro volte la volontà di rinunciare alla ventilazione meccanica. Tutto si è svolto davanti a un team di medici e due testimoni, secondo le modalità stabilite dalla nuova legge riguardante il biotestamento. Si tratta del primo caso di “morte assistita” dal 31 gennaio 2018, data dell’entrata in vigore della normativa.
La paziente si chiamava Patrizia Cocco ed era titolare di un’agenzia viaggi. In passato aveva già tentato di entrare a far parte di un progetto sperimentale di cura al Niguarda di Milano, ma senza esiti positivi. Si era rivolta anni fa al giudice tutelare di Nuoro per ottenere l’autorizzazione a ricevere assistenza medica che potesse porre fine alle proprie sofferenze. L’approvazione della legge, però, le ha permesso di anticipare i tempi necessari perché il tribunale si esprimesse.
Sabato scorso, in presenza di due testimoni, di uno psicologo e di un team di medici composto da un palliativista, un rianimatore, un anestesista e il medico di medicina generale della donna, è stata avviata la procedura che ha portato al decesso della paziente. Le è stata praticata una sedazione profonda, che ha preceduto l’estubazione. Senza il supporto del ventilatore meccanico, Patrizia è morta in modo “naturale”, senza provare alcun dolore. I funerali si sono svolti nella chiesa di san Domenico Savio.
«È stata una scelta di Patrizia, molto lucida e coraggiosa – hanno dichiarato l’avvocato della paziente e suo cugino Sebastian Cocco -. La nuova legge permette ai medici di dare subito esecuzione alla volontà del paziente senza doversi rivolgere al giudice, come succedeva prima della sua entrata in vigore. E così a Patrizia è stato permesso di fare la sua scelta. La legge che tutela il diritto alla salute, alla dignità e all’autodeterminazione, Patrizia Cocco la aspettava da anni, da quando sentiva di essere imprigionata nella malattia, sopravvivendo a una vita che, in quelle condizioni, non voleva più vivere».
Simone Gussoni
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