Merito del radiofarmaco noto col nome di Lautathera. La terapia è autorizzata anche in altri due ospedali veneti.
Sono già due i pazienti trattati all’Irccs di Negrar con il farmaco oncologico innovativo ad alto costo lutezio (177Lu) oxodotreotide (nome commerciale: Lutathera) per la cura dei tumori che hanno origine dal tessuto neuroendocrino. L’ospedale del Veronese è il primo e unico dei tre centri in Veneto autorizzati dalla Regione alla prescrivere e alla somministrazione, nonché ad aver avviato il trattamento. Gli altri due sono lo Iov di Padova e il “dell’Angelo” di Mestre.
«L’introduzione del Lutathera segna una svolta nella cura dei tumori neuroendocrini del pancreas, dell’intestino e dello stomaco in fase avanzata, metastatica e non, per i quali prima non esisteva terapia – spiega Matteo Salgarello, direttore della Medicina nucleare –. La fase III dello studio Netter-1, che ha autorizzato l’immissione in commercio del radiofarmaco ha rilevato che più del 50% dei pazienti trattati con Lutathera non mostrava significativa progressione di malattia rispetto al solo 10% del gruppo di pazienti a cui è stato somministrato l’analogo della somatostatina, impiegato prima dell’introduzione del radiofarmaco. Questo significa aumento della sopravvivenza e della qualità di vita, perché quando il tumore è “fermo” i pazienti possono condurre una vita del tutto normale». Aggiunge Stefania Gori, direttore dell’Oncologia medica: «I tumori neuroendocrini sono un gruppo eterogeneo di neoplasie che hanno origine dal tessuto neuroendocrino diffuso in vari distretti corporei. Il 60-70% di queste neoplasie si presenta a livello del tratto gastro-entero-pancreatico, forme neoplastiche per le quali è disponibile oggi il Lutathera».
I neuroendocrini sono considerati tumori relativamente rari, se confrontati con neoplasie non neuroendocrine che colpiscono gli stessi organi, come per esempio i tumori “classici” del pancreas, del colon o dello stomaco. Si stima che siano da 1 a 5 ogni 100mila abitanti le nuove diagnosi all’anno. Tuttavia, se l’incidenza è bassa, non lo è la prevalenza (cioè il numero delle persone che vivono con una diagnosi di NET), che è di 35 casi ogni 100mila abitanti. Poiché i pazienti con questa neoplasia hanno una prognosi più favorevole, con lenta evoluzione della malattia, necessitano di una presa in carico multidisciplinare e controlli periodici. Il tumore, infatti, può ripresentarsi anche dopo molti anni.
Redazione Nurse Times
Fonte: il mattino di Padova
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