Parla la collega insultata e minacciata nel Pronto soccorso dell’ospedale partenopeo.
L’ondata di violenza tra le mura ospedaliere a Napoli non si ferma. Un ennesimo episodio di minacce e prepotenza è stato messo a segno ieri al Loreto Mare, il presidio di frontiera di via Vespucci. Stavolta nel mirino è finita un’infermiera di 58 anni, ma non solo. Ci sono stati episodi in cui il personale sanitario è stato vessato da minacce, velate o esplicite, di vendette e punizioni da parte dei parenti di pazienti che pretendevano la precedenza. È inoltre accaduto, ai primi di dicembre, che alcuni sanitari del Loreto siano stati costretti a terminare il turno con anticipo per evitare di essere ulteriormente minacciati.
«Le donne sono le vittime privilegiate», sottolinea D. T., l’infermiera salvata dall’intervento delle guardie giurate la scorsa notte. Cosa le è accaduto? «Ero impegnata in un intervento in codice rosso al Pronto soccorso. Era lunedì notte, intorno alle 22, quando sono stata avvicinata dai familiari di un assistito. Pretendevano che mi allontanassi dal paziente grave e politraumatico che avevo in cura per eseguire una siringa di antidolorifico. In quel momento la maggior parte dei sanitari al Pronto soccorso stava assistendo il giovane di cui mi occupavo, che aveva una frattura al bacino, una frattura al femore e un trauma cranico. È stato un momento delicato, in cui abbiamo chiesto ai pazienti meno gravi di attendere, ma sono stata subito minacciata».
In che modo? «Nonostante avessi spiegato che non potevo allontanarmi dal paziente grave, la coppia che aveva accompagnato il signore che pretendeva di non aspettare il turno ha cominciato a insultarmi con parolacce, urlando “ti aspetto fuori dall’ospedale, “sappiamo dove trovarti e ti puniremo”. Nel frattempo la donna che mi insultava e minacciava insieme a un uomo è entrata nella medicheria dove stavo assistendo il paziente e si è scagliata contro di me, continuando a inveire con parolacce e minacce. Sono rimasta immobile, non solo perché noi sanitari eticamente non possiamo e non dobbiamo reagire, ma perché stavo assistendo un paziente grave e non potevo rischiare di compromettere la sua incolumità. La donna, comunque, non è riuscita ad aggredirmi grazie all’intervento delle guardie giurate, che, attirate dalle urla, si erano precipitate all’interno dell’area medica del Pronto soccorso. I vigilantes hanno bloccato la donna e l’hanno accompagnata fuori dal pronto soccorso».
Ha avuto paura? «Sinceramente siamo abituati a essere insultati e minacciati. Soprattutto noi donne, che rappresentiamo un bersaglio facile rispetto agli uomini. È triste dirlo, ma ci siamo assuefatti e posso contare almeno tre episodi simili che mi sono accaduti personalmente negli ultimi mesi. Ciò che ferisce non è tanto il danno fisico, ma la sensazione di essere costantemente sotto pressione e a rischio, perché la frequenza con cui avvengono questi episodi crea dei danni psicologici. Questo è l’aspetto di cui ci si dovrebbe preoccupare, perché la nostra salute psicofisica è messa a dura prova».
Cosa potrebbe aiutare lei e i sanitari che subiscono questi episodi? «L’unico vero deterrente è un presidio di polizia che sia competente per ciò che riguarda l’incolumità del personale ospedaliero, mentre ora l’ufficio non è operativo 24 ore su 24, ma soprattutto è incaricato esclusivamente della raccolta dei referti giudiziari. Invece vogliamo che i poliziotti salvaguardino il nostro lavoro. Non abbiamo bisogno di burocrazia, ma di protezione. Tutti noi ricordiamo che nel 2014 una guardia giurata fu sparata dal famigliare di un paziente che le aveva promesso vendetta. Il nostro mestiere è prenderci cura della salute dei nostri pazienti. Non possiamo e non dobbiamo lavorare pensando al rischio di essere picchiati o minacciati».
Redazione Nurse Times
Fonte: Il Mattino
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