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Modelli concettuali per l’assistenza infermieristica alle famiglie

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Nursing Up a Fimmg: “L’infermiere di famiglia è un professionista autonomo. Team assistenziale e medico curante non ne decidono il ruolo”
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Proponiamo un elaborato a cura del nostro collaboratore Cosimo Della Pietà.

Il presente elaborato non vuole essere una guida con valenza indiscussa o perentoria per lo studio e l’assistenza alle famiglie, ma piuttosto ha lo scopo di presentare alcuni approcci teorici che possono essere utile al professionista dell’assistenza per gestire in modo positivo l’assistenza alle famiglie e, renderlo consapevole delle diverse dinamiche che in essa si dipanano.

La famiglia può essere definita come un’unità biologica, psicologica e sociale molto complessa. Il concetto che la famiglia sia uno dei maggiori obiettivi dei servizi sanitari ed infermieristici è stato largamente espresso negli USA e in Canada, e più recentemente in Europa. L’America Nurses Association (ANA), nei suoi comunicati sulla politica sociale, nel 1980 e nel 1995, descrive la famiglia come uno degli obiettivi dell’assistenza infermieristica.

Il concetto di famiglia spesso non è definito nei risultati della ricerca, né in altre descrizioni d’interventi d’assistenza infermieristica rivolta alla famiglia. Cinque sono gli elementi critici per definire la famiglia:

  • La famiglia è un sistema complesso.
  • C’è un impegno affettivo tra i membri che implicano doveri futuri.
  • Le funzioni di sostegno famigliare consistono nella protezione, sostentazione e socializzazione dei suoi componenti.
  • I membri della famiglia possono essere o non essere imparentati e possono o non possono vivere insieme.
  • Nel sistema possono esserci o non esserci bambini.

Più recentemente, la classificazione della pratica dell’assistenza infermieristica dell’ICNP (International Classification for Nursing Practice) ha adottato la seguente definizione di Famiglia:

“Un insieme di persone che sono viste come unità sociale o collettività, composta da individui uniti da legami di sangue, parentela, da unione emotiva o legale, includendo altre persone significative. L’unità sociale della famiglia è un complesso, un intero che va oltre gli individui ed i loro legami di sangue, parentela, emotivi o legali che la compongono”.

Friedman nel 1992 nel suo lavoro “Family Nursing and practice” dice: “La famiglia si riferisce a due o più persone che sono unite da condivisioni d’emozione e vicinanza e che s’identificano come famiglia. Può comprendere una famiglia allargata che vive nella stessa o in più case, famiglie senza figli, coppie di fatto, famiglie composte da gay o lesbiche e famiglie composte da genitori singoli. I membri della famiglia non necessariamente devono vivere sotto lo stesso tetto: le unioni emozionali possono acquistare una maggiore importanza rispetto a quelle legali o biologiche”.

Tante sono le definizioni, perché tanti studiosi, in particolare, psicologi e sociologi, propongono nuovi aspetti di questo sistema. Tutte però mettono l’accento sulla dinamicità dell’insieme familiare e come esso sia fluido ed in costante mutazione.

Non dobbiamo dimenticare che, fin dai tempi di F. Nightingale, la famiglia è sempre stata vista come obiettivo continuo di cure. I suoi scritti dimostrano la sua consapevolezza dell’importanza della famiglia e della situazione famigliare nella cura dei malati.  Fin dagli ultimi anni dei 19° secolo e nei primi dei 20°, le infermiere di sanità pubblica hanno curato le famiglie nelle foro case. Tuttavia, il successivo sviluppo della medicina specialistica, degli ospedali e l’incremento delle politiche e dei finanziamenti pubblici a sostegno della sanità ospedaliera hanno ostacolato l’evoluzione della cura della salute basata sulla famiglia.

L’assistenza infermieristica alla famiglia negli Stati Uniti incominciò ad evolvere in modo significativo intorno agli anni 70, quando gli infermieri cominciarono a considerare la promozione della salute un obiettivo fondamentale dell’assistenza. Friedman (1998) afferma che certe specializzazioni infermieristiche – di salute pubblica, psichiatria e salute mentale, materno-infantile e familiare-pediatrico – hanno contribuito a mantenere e ad incrementare l’interesse dell’assistenza infermieristica alla famiglia. Queste specialità hanno integrato sviluppi e conoscenze specifiche, includendo studi sociali e familiari, con innovazioni pratiche dell’assistenza.

Questi sviluppi coincidono con altri cambiamenti, come la crescente enfasi sul benessere e sul prendersi cura di se stessi. Si sono aggiunte, inoltre, a dare slancio, leggi statunitensi che riguardano bambini con bisogni particolari. Conseguentemente, autori come Friedman, Miller e Winstead-Fry, Wright, Leahey e Bomar, incominciarono a considerare la famiglia come obiettivo della pratica infermieristica e cominciò ad emergere una sostanziosa letteratura sulla teoria dell’assistenza infermieristica alla famiglia e sul relativo sviluppo professionale.

La medicina, come altre professioni nell’ambito del sociale, ha sostenuto a lungo un ruolo centrale nella cura alla famiglia. La American Medical Association e l’American Board of Medicai Specialities hanno riconosciuto la pratica famigliare come specialità medica dal 1969. I programmi per i medici di famiglia negli USA descrivono la pratica famigliare come una specialità medica che fornisce continue ed estensive cure a persone di tutte le età, diagnosticando e trattando un grande spettro di malattie, inclusi gli stress emotivi e disturbi psichiatrici.

Da quando è emerso il concetto di cura centrato sulla famiglia, i gruppi sanitari professionali sono più attenti a promuovere servizi multidisciplinari che condividano l’approccio dei vari erogatori di salute. Un esempio di servizio multidisciplinare centrato sulla famiglia si vede nell’Istitute of Family Centred Care negli USA. Fondato nel 1992 per portare avanti l’obiettivo e la pratica della cura centrata sulla famiglia, a medici, infermieri e altri professionisti che hanno sviluppato un bagaglio di conoscenze a sostegno della pratica.

Queste conoscenze comprendono: Riconoscere che la famiglia è una costante nella vita di tutte le persone; Riconoscere che i pazienti e le famiglie possono definire la famiglia in modo differente; Promuovere un sistema sanitario che integri globalmente tutte le discipline che hanno come obiettivo la cura della famiglia; Cercare di coinvolgere la completezza della famiglia nelle attività degli erogatori di cure.

L’assistenza infermieristica alla famiglia ha attinto molto da altre scienze sociali come l’antropologia, la psicologia, e la sociologia. Anzi, Frieclman non vede attualmente una sola teoria o un solo modello concettuale capace di descrivere questa assistenza.

Viene identificata una forma integrata di teorie che si possono ridurre a tre fondamentali fonti concettuali. Un certo numero di teoriche dell’assistenza infermieristica, come Nightingale, King, Neuman, Orem, e Rogers, hanno contribuito alla evoluzione della teoria della assistenza infermieristica alla famiglia, ma Friedman conclude che questo genere di teorie si sono rivelate di scarsa utilità alla pratica infermieristica perché queste teorie hanno come loro centro di interesse l’individuo.

Poiché è solo dagli anni 1950 che la famiglia nella sua globalità è considerata come cliente nella letteratura infermieristica, c’è poca evidenza nell’assistenza infermieristica, sino ad allora, di una formale teoria della famiglia, unica e distinta.

Le teorie della famiglia nelle scienze sociali sono le più sviluppate e riguardano l’interazione della famiglia con l’ambiente. Esse trattano d’interazioni all’interno della famiglia e come la famiglia cambia e reagisce ai problemi di salute. I maggiori contributi concettuali in questo campo sono: 1) struttural-funzionale; 2) interazionale; 3) evolutivo.

Gli attuali approcci emergenti per studiare le famiglie sono quadri concettuali che hanno come obiettivo concetti di scambio economico, sociale, legale o conflittuale.

Le teorie di terapia famigliare, sebbene derivino dalle scienze sociali e famigliari, hanno una origine clinica e professionale. In altre parole sono teorie che si sono sviluppate lavorando con disfunzioni familiari. Sebbene si basino essenzialmente su patologie, descrivono aspetti di dinamiche e di modelli che esistono comunemente nelle famiglie.

Valutazione della famiglia e modelli d’intervento

Molti approcci possono essere utilizzati per raccogliere informazioni con scopi valutativi. Tuttavia, Hanson afferma che nessuno dei modelli utilizzati nell’assistenza infermieristica possa adattarsi a tutte le famiglie e possa rispondere a tutte le necessità d’analisi del professionista.  Si possono in ogni caso prendere in considerazione alcuni modelli sviluppati da infermieri di famiglia:

*   Il modello di valutazione e di intervento orientato alla famiglia.

Basato sul modello di sistema di cura della salute elaborato da Betty Neuman, Berkey e Hanson hanno esteso il Modello all’obiettivo famiglia. Il modello postula che, per mantenere il suo equilibrio nel tempo, la famiglia sviluppa una serie di risposte ad agenti stressanti conosciuta come linea di difesa e di resistenza. Quando l’elemento stressante penetra il sistema di difesa la famiglia manifesta il problema. La sua reazione dipende dalla carica del fattore di stress e dalla sua capacità di mettere in atto risorse per preservare il suo equilibrio. Il modello è orientato: a) alla promozione della salute e alle attività che danno benessere; b) all’identificazione di problemi, o situazioni familiari (es. alloggio inadeguato, perdita del lavoro per il capofamiglia, presenza di un figlio portatore di handicap etc.) e capacità della famiglia di far fronte ad esse; c) al mantenimento della stabilità e del funzionamento ai livelli di prevenzione/intervento. Il Family System Stressor-Strength Inventory (FS31) è uno strumento di valutazione basato su questo modello.

*   Il Modello di valutazione secondo Friedman

Questo modello si è sviluppato basandosi sui sistemi struttural-funzionali e sulle teorie dell’evoluzione familiare. L’approccio di Friedman vede la famiglia come un sistema aperto che interagisce con altre istituzioni della società come quelle della salute, dell’educazione, religiose, con finalità rivolte alla famiglia stessa, nella sua struttura e nelle sue funzioni. La struttura concettuale, sviluppata per la prima volta nel 1970, allarga i suoi obiettivi nelle versioni più recenti (3° e 4°) includendo la diagnosi infermieristica e gli interventi nella pianificazione assistenziale rivolta alla famiglia, nonché prospettive multiculturali.

*   Modello di valutazione e intervento di Calgary

Contributo canadese in questo campo, la CFAM la CFIM fondono concetti dell’assistenza infermieristica e della terapia familiare e li sviluppano all’interno della teoria dei sistemi, dei postmodernismo, della cibernetica, delle teorie della comunicazione, delle teorie del cambiamento e sulla biologia cognitiva. Il punto focale della valutazione consiste nel collegare opportunamente le informazioni circa le condizioni strutturali, evolutive e funzionali delle famiglie. Un’enfasi particolare è posta nell’identificare i punti di forza e le risorse della famiglia.

Il Postmodernismo abbraccia molteplici filosofie, la sua applicazione al nursing permette di affermare che: “Ci sono tanti modi di conoscere e provare una malattia quante sono le famiglie che vivono la malattia,  e che  il cambiamento di un membro della famiglia coinvolge tutti i componenti della famiglia stessa”.

La cibernetica postula che i sistemi famigliari possiedano capacità di autoregolazione che contribuiscono al cambiamento evolutivo dei modelli comunicativi e comportamentali. La teoria della comunicazione considera non solo ciò che viene detto, pone in grande risalto la comunicazione non verbale che si realizza in presenza di altre persone.

Il CFAM è una mappa della famiglia e presuppone che la famiglia sia quella che dice di essere. I mezzi di valutazione, sviluppati per la prima volta nel 1983, sono stati tradotti in francese, giapponese, coreano e svedese. Recentemente hanno subito cambiamenti in funzione degli interessi e delle influenze d’altri paesi, come la riduzione delle giornate di degenza in ospedale, la gestione dell’assistenza, l’aumento della partecipazione degli utenti e l’aumento delle differenze culturali, dall’impatto delle cure sanitarie. È così emerso un approccio più “collaborativo, di consultazione, non gerarchico”.

Il CFIM, introdotto nel 1994, fornisce uno strumento per decidere gli interventi coerenti alla valutazione che è stata fatta della famiglia. Con questo strumento è fondamentale riconoscere che ciascuna famiglia è unica e possiede risorse specifiche che le sono proprie. Gli interventi mirano a rafforzare, promuovere e/o sostenere un efficace funzionamento della famiglia, sia in ambito cognitivo sia affettivo e comportamentale. L’obiettivo consiste nell’aiutare i suoi membri a scoprire nuove soluzioni che aiutino a ridurre e cancellare le sofferenze emotive, fisiche e spirituali.

*   Il modello OMS/EURO d’assistenza infermieristica alla famiglia

Il modello infermieristico di salute famigliare (FHN) della Regione Europea dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO EURO) si sviluppa su diversi quadri concettuali già menzionati. Combina aspetti della teoria dei sistemi (per analizzare la complessità delle cure sanitarie); della teoria dell’interazione (per considerare la relazione dell’assistenza infermieristica con la famiglia e gli individui); e della teoria evolutiva (per stimolare la consapevolezza e la comprensione delle diverse tappe dello sviluppo degli individui e della famiglia e meglio definire le famiglie stesse). Nel contesto di questo modello, l’infermiere è definito come colui che “aiuterà gli individui e le famiglie a contrastare la malattia e le affezioni croniche, le minacce dello stress, spendendo una gran parte del suo tempo al domicilio dei pazienti e con le loro famiglie”.

La teoria del cambiamento tratta il fenomeno di come e che cosa costituisca un cambiamento nel sistema famigliare. Gli  infermieri devono simultaneamente interpretare le interazioni nella famiglia e le loro con la stessa.

La biologia della conoscenza concettualizza l’idea che come esseri umani sviluppiamo diversi modi di vedere il mondo basati sulla biologia e la fisiologia, non sulla filosofia. Le persone producono le esperienze interagendo con il mondo, se stesse e gli altri. (Wright and Leahey (2000)

In questo modello sono identificate quattro modalità d’intervento:

  1. Prevenzione primaria: verificare la possibile presenza di fattori dannosi che minacciano la salute e lavorare attivamente per evitare che questo si ripercuota sulla famiglia.
  2. Prevenzione secondaria: attraverso attività come screening, programmi vaccinali ed una approfondita conoscenza della famiglia, permettere rapidi interventi per ridurre al minimo la disaggregazione individuale e famigliare, coinvolgendo altre risorse e altri professionisti della salute.
  3. Prevenzione terziaria: ha come obiettivo la riabilitazione e la ricostruzione delle “risorse di resistenza” della famiglia.
  4. Interventi in casi critici /assistenza diretta: implica una collaborazione tra l’infermiere e la famiglia o con il singolo per appropriati interventi di cura, riabilitazione, cure palliative e o altri supporti.

Attualmente sembra che la consistenza e la congruenza del linguaggio e le basi teoretiche dell’assistenza infermieristica familiare siano variabili. Inoltre, la qualità dei servizi erogati rimane inestricabilmente condizionata alle diverse realtà dei servizi sanitari, alle loro priorità, valori e risorse, nonché alla formazione ed alle competenze dei professionisti. Ciò nonostante, si possono individuare delle costanti nei diversi modelli esistenti cui fa riferimento la pratica infermieristica nel settore:

  1. L’esercizio professionale include una prospettiva olistica di assistenza, che colloca l’individuo bisognoso di supporto o di cura all’interno dei gruppo famigliare e prende l’intera famiglia come obiettivo dell’assistenza.
  2. La pratica evidenzia che la struttura, i punti di forza, le debolezze e le dinamiche della famiglia influenzano direttamente il potenziale ottimale di salute o il livello di malattia, e perciò influenzano direttamente la stima infermieristica ed i modelli d’intervento.
  3. L’infermiere promuove un significativo coinvolgimento dei famigliari nella stima, nella pianificazione e decisione cosi come nella erogazione delle cure.
  4. La professione mette in campo una serie di risorse e servizi che comprendono la valutazione, la formazione e l’assistenza. Questo determina la mobilizzazione di risorse da altre professioni e servizi in campo sanitario e sociale.

Modello concettuale di Dorothea Orem

La disciplina infermieristica è fondata su modelli teorici di riferimento che presentano concetti e relazioni riguardanti la professione. Tra i vari modelli emerge Dorothea Orem, teorica americana, che sviluppò i suoi concetti di nursing intorno agli anni 50.

Il modello teorico di D. Orem può essere preso come riferimento nell’assistenza domiciliare in quanto le poche risorse a disposizione richiedono uno sviluppo massimo della capacità di auto assistenza da parte del paziente e da chi gli è vicino.

Il modello Concettuale di D. Orem, prende in considerazione l’individuo nella sua globalità, tenendo conto delle sue capacità di autocura, sia in condizioni di salute che in momenti particolari della vita cui necessita di cure specifiche anche ad opera di altri. La domanda di assistenza nasce dallo squilibrio fra il bisogno di cure e la capacità dell’individuo di soddisfarle autonomamente o con l’aiuto dei familiari, dei servizi sociali e sanitari a disposizione.

L’obiettivo è quello di raggiungere il massimo benessere possibile per quell’individuo, e per questo l’infermiere si deve avvalere, oltre che delle proprie capacità, anche delle risorse disponibili che gli provengono dalla famiglia e dalla società. Si deve tener conto della possibilità di aumentare la capacità di self-care della persona e della famiglia, della possibilità di modificare l’ambiente per renderlo più idoneo e favorevole allo sviluppo dell’autonomia personale. Il sistema di nursing pianificato dovrà essere di natura dinamica, quindi valutato e riadattato via via che cambiano le richieste e le capacità di self-care della persona.

I suoi concetti di nursing si basano su “inadeguata cura di sé” che viene suddivisa in:

teoria dell’auto assistenza: la cura di sé è la pratica dell’attività che gli individui intraprendono ed eseguono per raggiungere un ottimale equilibrio di salute psicofisica;

– teoria della mancanza dell’auto assistenza: viene sperimentata quando l’individuo non è in grado di curare se stesso, le persone possono trarre beneficio dal nursing quando sono soggette a limitazioni collegate allo stato di salute che lirendono incapaci di una continua auto assistenza o di un’assistenza dipendente o l’assistente mettere in atto ed efficacia incompleta.

I deficit di self-care sono definiti completi o parziali: completo, significa non avere nessuna capacità di soddisfare una richiesta terapeutica di cura di sé; un deficit parziale può essere esteso o limitarsi all’incapacità di soddisfare uno o più requisiti della cura di sé nell’ambito di una richiesta terapeutica di cura.

Nel corso dell’assistenza – secondo la Orem – l’infermiere può: agire in vece del cliente, orientarlo e guidarlo, sostenerlo sul piano fisico e psicologico, promuovere la creazione di un ambiente favorevole allo sviluppo dell’individuo, e fornirgli un’educazione continua.

Nella teoria dei sistemi infermieristica, a seconda della maggiore o minore autosufficienza di colui che richiede l’aiuto, sono distinti tre diversi sistemi d’assistenza infermieristica:

1. Sistema totalmente compensatorio: quando la persona non può avere cura di sé e l’infermiere compensa la sua totale incapacità, per esempio una persona in stato di coma.
2. Sistema parzialmente compensatorio: dove l’infermiere compensa le carenze del cliente e regola lo svolgimento d’alcune cure di sé, per esempio una persona con emiplegia capace di partecipare alla cura di sé purché opportunamente aiutata ed istruita.
3. Sistema educativo e di sostegno: quando il cliente è in grado di compiere e di apprendere i vari aspetti della cura di sé, per esempio l’educazione all’igiene e sostituzione della colostomia in una persona autosufficiente.

Anche all’interno del codice deontologico dell’Infermiere 2009, si evince che “l’infermiere orienta la sua azione al bene dell’assistito di cui attiva le risorse sostenendolo nel raggiungimento della maggiore autonomia possibile, in particolare, quando vi sia la disabilità, svantaggio, fragilità”.

Dott. Cosimo Della Pietà

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  • salute.it
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  • medicinaepersoma.org
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  • www.asl.bologna.it

 

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