Si tratta del terzo caso registrato da quando la struttura è stata attivata, 16 anni fa.
La Culla per la Vita del Policlinico di Milano ha accolto un piccolo di pochi giorni. Si tratta di un neonato di circa 2,6 chili, di etnia caucasica, in buona salute. Si chiama Enea ed è ora accudito dagli specialisti della Neonatologia alla Clinica Mangiagalli del Policlinico, dove si stanno seguendo i controlli di routine. Nella Culla è stata trovata anche una lettera firmata dalla madre, che ha scritto: “Il bimbo è super sano, tutti gli esami fatti in ospedale sono ok”.
“È una cosa che pochi sanno – commenta Ezio Belleri, direttore generale del Policlinico di Milano –, ma in ospedale si può partorire in anonimato, per la sicurezza di mamma e bambino. Inoltre esistono le Culle per la Vita: la nostra si trova all’ingresso della Clinica Mangiagalli e permette di accogliere in totale sicurezza un bimbo che i suoi genitori non possono purtroppo tenere con sé. È una decisione drammatica, ma la Culla consente di affidare il piccolo a una struttura dove gli sono garantite cure immediate e che preserva l’assoluto anonimato per i genitori”.
La Culla per la Vita del Policlinico di Milano è attiva da 16 anni (2007) e quello di oggi è il terzo caso registrato. I primi due sono avvenuti nel 2012 e nel 2016: due bimbi maschi che sono stati chiamati rispettivamente Mario e Giovanni.
La Culla è un ambiente protetto e riscaldato ed è strutturata in modo da avvisare immediatamente il personale sanitario: una volta che il bimbo viene accolto al suo interno, un allarme discreto avvisa medici e infermieri della Neonatologia, che possono prendersi cura del piccolo entro pochissimi minuti.
“Occasioni simili sottolineano come il sistema della Culla per la Vita sia fondamentale – conclude Fabio Mosca, direttore della Neonatologia e della Terapia intensiva neonatale del Policlinico di Milano –, perché ci permette di accogliere il bimbo e di aiutare la mamma nella sua drammatica scelta, in tutta sicurezza. Vivo però questo evento anche come una sconfitta a livello sociale, perché in qualche modo non siamo stati in grado di intercettare una madre in grande difficoltà. Madre che, qualora ci ripensasse, siamo pronti ad accogliere e assistere”.
Redazione Nurse Times
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