Il pensiero della Commissione migranti del Collegio IPASVI di Firenze
Firenze, 31 maggio 2017 – Lasciare il proprio Paese alla ricerca di una vita dignitosa è sempre doloroso.
Si parte con la consapevolezza che arrivare vivi è una scommessa, un’angoscia alla quale succede che si aggiungano violenze e abusi, consumati nel tragitto nei confronti delle donne.
I casi di questo tipo si moltiplicano e il personale che si trova ad accogliere le vittime di torture e violenze non sempre è preparato a farlo: un dramma nel dramma, dove il lavoro degli infermieri è messo a dura prova ma rimane fondamentale per dare il giusto soccorso alla salute di queste donne, provate fisicamente e psicologicamente.
È su questo tema che punta i riflettori la Commissione migranti del Collegio IPASVI di Firenze: composta da Abukar Aweis Mohamed, Antonella Agostini e Rim Ezzedine, richiede un protocollo specifico per questi casi anche alla luce della Direttiva UE 2013/33 che obbliga a una valutazione individuale delle specifiche esigenze di accoglienza delle persone vulnerabili, da operare in ogni fase della procedura fino alla sua conclusione.
“I richiedenti asilo in condizione di vulnerabilità, come le donne che hanno subito abusi, devono essere trattati in via prioritaria – spiegano dalla Commissione -. Una delle difficoltà maggiori del fenomeno è proprio la mancanza di preparazione alla gestione delle vittime di violenza di genere durante il percorso di accoglienza.
Le donne e le ragazze richiedenti asilo che hanno subito violenza, per motivi culturali e in presenza di persone di sesso maschile raramente raccontano la loro sofferenza; preferiscono tenerla nascosta per vergogna e paura.
C’è bisogno poi di personale sanitario esperto in materia: molte donne arrivano in stato di gravidanza, frutto di stupro subito nel viaggio, e chiedono di interromperla.
Manca la formazione del personale, necessaria per affrontare e tutelare la salute di questo tipo di vittime di torture; gli operatori (sanitari e non) hanno bisogno di essere formati per promuovere la qualità e l’armonizzazione degli interventi allo scopo di rispondere ai bisogni dei richiedenti asilo prevenendo lo stress lavoro correlato”.
“Per questo auspichiamo che le istituzioni diano avvio a progetti formativi obbligatori rivolti agli operatori, sanitari e non – proseguono dalla Commissione –, soprattutto per favorire la conoscenza delle culture con cui vengono a contatto, la consapevolezza del profilo di vulnerabilità e dei loro diritti.
Accanto a questo, è necessario predisporre una procedura standard dello screening sanitario introducendo linee guida delle buone pratiche per l’accoglienza, uguali per tutte le Regioni, e individuare precocemente il fenomeno di violenza di genere in collaborazione con le ASL competenti per territorio.
I controlli devono essere fatti nel rispetto dello spazio consentito e secondo il numero previsto, evitando appunto il promiscuo tra uomini e donne che hanno subito violenza.
Fondamentale infine, nell’ambito dell’approccio multidisciplinare, la presenza di un Infermiere Case Management esperto in materia di vulnerabilità, fragilità, diritti e culture diverse che possa seguire la persona in tutto il suo percorso clinico-assistenziale e sociale”.
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