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Messina, nascose sieropositività alla compagna (poi morta di Aids): condannato a 22 anni

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Messina, nascose la sieropositività alla compagna (poi morta di Aids): condannato a 22 anni
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In un altro processo sono imputati tre medici, accusati di non aver disposto specifici test alla ex partner di Luigi De Domenico.

La Corte d’assise di Messina ha condannato a 22 anni Luigi De Domenico, l’uomo accusato di aver trasmesso l’Aids alla sua compagna, tenendola all’oscuro della malattia. Quest’ultima, un’avvocato di 47 anni, morì anni dopo (nel 2017), senza aver potuto ricorrere alle cure, proprio perché non sapeva che il partner era sieropositivo. Sulla vicenda hanno testimoniato altre donne, alle quali De Domenico aveva taciuto la propria sieropositività. In un altro processo sono imputati tre medici, accusati di aver contribuito alla morte della donna, non avendo disposto specifici test alla donna e, dunque, non accorgendosi dell’infezione.

L’uomo ha nascosto tutto nei quattro anni di relazione, finita nel 2008. Non ha informato la ex compagna nemmeno quando quando, nel 2015, ha saputo delle sue gravissime condizioni di salute e del disorientamento dei medici, che non riuscivano a capire cosa avesse. Inoltre, sempre in quel periodo, si fece inviare i referti, chiedendole di descrivere i sintomi che accusava e suggerendole di curarsi con integratori. Nell’inchiesta sono emerse presunte responsabilità degli stessi medici: quando si sono accorti della positività all’Hiv della paziente, un anno dopo l’insorgere dei gravi sintomi, era troppo tardi.

De Domenico è stato individuato soltanto grazie alla caparbietà della sorella della vittima, che ha scoperto tutto e presentato una denuncia. Dall’inchiesta è emerso che la prima moglie dell’uomo, dalla quale ha avuto una figlia agli inizi degli anni Novanta, era morta di Aids. Alle persone che nei due decenni successivi hanno intrattenuto relazioni con lui, l’uomo ha sempre detto che la prima moglie era morta a causa di un tumore.

De Domenico avrebbe avuto rapporti non protetti con altre cinque donne, quattro delle quali poi risultate sieropositive. Durante l’inchiesta i magistrati, parlando dell’indagato, lo hanno così descritto: “La spregiudicatezza manifestata dimostra l’assoluta refrattarietà rispetto a qualsiasi regola del vivere civile e l’assoluta noncuranza dell’altrui salute”.

Redazione Nurse Times

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