Condividiamo con i nostri lettori una riflessione di un’infermiera
Pochi giorni fa mi sono imbattuta in una conversazione con una collega in cui mi riferiva che sua figlia aveva passato i test di ingresso in infermieristica e di questo ne era scontenta, li per li ho pensato alla distanza che rende sempre triste una madre che viene separata dalla figlia, ma poi confessandomi il vero motivo della sua tristezza ad essere triste sono stata io.
Il vero motivo è: “sai una madre infermiera vorrebbe che sua figlia diventasse medico”. Premetto che anch’io inizialmente provai ad entrare in medicina e ammiro tanto la professione del medico ma a mio parere l’uno non è il sottogruppo dell’altro sono due lavori diversi ed il nostro non ha niente per cui sentirsi INFERIORI!
Fin dall’università ci inculcano l’importanza del team multidisciplinare per prendersi cura a 360 gradi della persona, bene! Noi siamo lì dentro non siamo né il braccio destro e ne il braccio sinistro di una o dell’altra professione, ma si lavora insieme, si discute insieme ed insieme si prendono delle decisioni che hanno come scopo ultimo il benessere del paziente.
Se forse iniziassimo ad amare di più la nostra professione capiremmo quanta importanza c’è in quest’ultima. Dal mio canto mi piace confrontarmi con i miei colleghi perché da loro posso solo imparare, il confronto porta ad arricchirci e con colleghi non intendo solo infermieri ma oss, osa, medici e tutte le figure professionali che si incontrano nei vari processi terapeutici.
Una riflessione solo per dirvi che molte volte un migliore riconoscimento della nostra professione parte da noi stessi e se si lavora con interesse le soddisfazioni arrivano.
Marianna Gueli
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