La malattia di Behçet è un disordine raro, cronico, caratterizzato da una infiammazione dei vasi sanguigni in tutto il corpo prende il nome dal dermatologo turco Hulusi Behçet che per primo descrisse nel 1937 i tre principali sintomi che la contraddistinguono.
Oltre a causare ulcere orali e genitali ricorrenti e lesioni oculari tale malattia può causare anche vari tipi di lesioni cutanee, artrite, tromboflebiti, infiammazione dell’intestino e del sistema nervoso centrale. La causa comune di queste lesioni è una infiammazione dei vasi arteriosi e venosi. La Malattia di Behçet solitamente inizia all’età di 20-30 anni. Non è una malattia infettiva o contagiosa, la trasmissione non avviene per via sessuale.
I sintomi sono ulcere orali ricorrenti, più due dei seguenti:
- ulcere genitali ricorrenti
- lesioni oculari
- lesioni cutanee
- test cutaneo della patergia positivo
Altre caratteristiche di malattia che possono essere importanti per la diagnosi dei singoli casi sono: tromboflebiti superficiali, trombosi venose profonde , epididimite, occlusioni arteriose e/o aneurismi, interessamento del sistema nervoso centrale, artrite, interessamento del tratto gastro-intestinale, storia familiare.
Le manifestazioni cliniche della malattia di Behçet sono dovute ad una infiammazione delle pareti dei vasi (vasculite) sia a livello dei capillari che delle arterie e delle vene. L’infiammazione causa danno dei vasi con loro ostruzione o rottura.
La diagnosi è clinica.
I farmaci hanno lo scopo di ridurre la flogosi (steroidi per uso topico). Essi sono applicati direttamente sulle lesioni della bocca, cute o occhio per ridurre l’infiammazione e il dolore. Farmaci anti-infiammatori non steroidei come l’aspirina, l’ibuprofen, il diclofenac, etc. servono per ridurre il dolore e l’infiammazione articolare. Colchicina: E’ un farmaco utilizzato nella gotta che riduce l’infiammazione. Talidomide (approvato ma non in commercio in Italia) è efficace nel prevenire le ulcere orali e genitali e le lesioni cutanee. Steroidi per via orale, come il prednisone servono per ridurre l’infiammazione in tutto il corpo. Farmaci immunodepressori in grado di modificare la malattia: sono utilizzati per sopprimere un sistema immunitario troppo attivo e quindi ridurre l’infiammazione.
Sono efficaci nei pazienti con interessamento oculare o del sistema nervoso centrale o nei pazienti che hanno una malattia di grado severa e/o che si mantiene attiva nel tempo. Tali farmaci includono: methotrexate, azatioprina, clorambucile, ciclofosfamide e ciclosporina · interferone-alfa. Si è dimostrato efficace nel trattamento delle ulcere orali e genitali, lesioni cutanee, artrite e manifestazioni oculari.
Esiste un farmaco però, L’infliximab, che darebbe vantaggiosi risultati come strategia terapeutica, ma il suo costo è molto elevato.
L’infliximab è un anticorpo monoclonale chimerico IgG1k, attivo verso il fattore di necrosi tumorale alfa (TNF-alfa, Tumor Necrosis Factor alpha).
L’infliximab è un farmaco usato nella terapia del morbo di Crohn di grado moderato o grave, refrattario ad altri trattamenti farmacologici, nella psoriasi a placche e nell’artrite psoriasica, nell’artrite reumatoide per il trattamento a medio termine della malattia e per il controllo delle riacutizzazioni, nella colite ulcerosa e nella spondilite anchilosante.
L’infliximab appartiene alla classe dei farmaci biologici che comprende anche etanercept, adalimumab, efalizumab, alefacept.
L’infliximab è somministrato in infusione endovenosa della durata di due ore alla dose di 3 mg/kg (artrite reumatoide) oppure 5 mg/kg (morbo di Crohn, psoriasi, colite ulcerosa, spondilite anchilosante) secondo uno schema che prevede la somministrazione alle settimane 0, 2, 6 quindi ad intervalli di 8 settimane (due mesi).
La nota dolente?
Il prezzo, varia in funzione del costo e della formulazione spaziando dalla “modica” cifra di circa 570 € ai circa 3.500€!
Il caso che segue è di un paziente che racconta le peripezie per ottenere il trattamento terapeutico con l’infliximab.
“Alla fine l’infusione sono riuscito ad averla, ma sa quanti ce ne stanno, dimenticati, nella mia situazione?” È un sollievo denso di amarezza quello raccontato al telefono da Stefano Giannoni, affetto gravemente dalla sindrome di Behçet, che per mesi ha dovuto lottare con le poche forze residue per rivendicare il banale diritto a essere curato dinanzi a barriere organizzative e forse culturali. La svolta è arrivata quando ha trovato eco nei media e, a ruota, nella disponibilità di una casa farmaceutica a fornire gratuitamente il medicinale che altri gli negavano, qualora non si fosse arrivati a una soluzione.
La sua storia esce sul Corriere dell’Umbria del 29 gennaio, poco dopo viene rilanciata dalla proposta offerta da Mundipharma. A quel punto l’Usl coinvolta, a Terni, corre ai ripari, chiama il paziente e fa sapere di esser pronta ad assicurargli la cura richiesta, purché, si legge all’indomani, “il paziente presenti la prescrizione”. La condizione suona ulteriormente beffarda a Giannoni: “ Ce l’avevo, mi obiettavano anche che fosse scaduta”, in quanto erano trascorsi mesi di sue vane richieste. Il lieto fine è poi arrivato lo stesso, quattro giorni dopo, all’ospedale di Spoleto, col pregresso delle dichiarazioni di qualche direttore sanitario umbro in favore del “diritto del paziente a essere curato come chiede”.
Giannoni ha solo quarant’anni, riparava motociclette. Si parla al passato, perché ha dovuto chiudere l’attività carico di debiti a causa della malattia. La sindrome che l’ha colpito porta il nome di un dermatologo turco che ne identificò i sintomi quasi 80 anni fa. Annoverata tra le “malattie rare” sebbene colpisca centinaia di italiani, è un disordine infiammatorio autoimmune che può coinvolgere non solo la cute (inclusa bocca e genitali), ma anche articolazioni, sistema nervoso, vista, intestino, sistema cardiovascolare. Nei casi più gravi porta alla disabilità, se non alla morte.
Gli fu allora prescritta una terapia a base di Infliximab, un anticorpo reso noto anche fuori dall’ambiente medico dal caso soprattutto del pluricampione italiano della velocità Francesco Scuderi, colpito nel 2003 dalla stessa malattia mentre preparava le Olimpiadi di Atene, e poi guarito e rientrato all’attività da centometrista per altri dieci anni.
Resistenze burocratiche, legate tra l’altro ai costi, pubblici e privati. La morale di questa storia sta anche qui, perché su questo e altro esistono farmaci biosimilari di notevole risparmio e comprovata equivalenza rispetto agli “originali” per efficacia e sicurezza terapeutica. “Con gli stessi soldi si potrebbe curare il 40% dei pazienti in più”, incalza Marco Filippini, Direttore Generale di Mundipharma. Sono i “ dimenticati” a cui pensa Giannoni.
CALABRESE Michele
Sitografia e Bibliografia:
https://www.medisoc.it
https://www.asmn.re.it
https://www.wikipharm.it
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