Rilanciamo un approfondimento sul tema a cura di Humanitas Salute.
Inserita dall’Oms tra le prime dieci cause al mondo di disabilità, il mal di testa colpisce oltre 26 milioni di persone solo in Italia. Facciamo chiarezza sulla diagnostica, sull’epidemiologia e sulle reali possibilità di cura che spesso i pazienti non conoscono, rassegnandosi a vivere in una condizione che penalizza fortemente la loro qualità di vita.
Il mal di testa, o cefalea, è una condizione molto frequente e può dipendere da cause diverse. Se è il sintomo di altre malattie sottostanti, come ad esempio l’ipertensione arteriosa, la sinusite, diverse patologie endocraniche come le neoplasie, è detta cefalea secondaria. Quando invece è un disturbo a sé stante e non ha altre cause evidenziabili con la TAC o la RMN, ma si manifesta esclusivamente con il sintomo del dolore, viene chiamata cefalea primaria. Le cefalee primarie sono molto più frequenti nella popolazione generale rispetto alle cefalee secondarie e sono prevalentemente e in ordine di frequenza la cefalea tensiva, l’emicrania e la cefalea a grappolo.
La cefalea di tipo tensivo è la forma più comune di cefalea (circa una persona su tre ne soffre almeno una volta al mese), quindi è più frequente dell’emicrania ma è meno invalidante. Il dolore è diffuso a tutto il capo, si irradia spesso in regione occipito nucale ed è di tipo gravativo-costrittivo (non pulsante). I fattori scatenanti sono la tensione nervosa, lo stress protratto, le posture scorrette, la carenza di sonno e le variazioni climatiche. L’intensità è lieve o media e l’attacco può durare da 30 minuti a sette giorni.
L’emicrania è la cefalea primaria più nota e più invalidante: ne soffre più di una persona su dieci, in un terzo dei casi fin dall’infanzia. Il dolore di intensità severa si associa ad altri disturbi quali la nausea, il vomito, l’intolleranza a luce, suoni e odori. Le crisi, spesso unilaterali, hanno una durata se non trattate tra le quattro e le 72 ore, e peggiorano con l’attività fisica di routine, come salire le scale o tossire.
“Da un punto di vista patogenetico – spiega Il dottor Vincenzo Tullo, neurologo di Humanitas – oggi l’emicrania è considerata una patologia poligenica e multifattoriale alla cui patogenesi concorrono fattori sia ambientali che genetici. Tante le cause che possono scatenare l’emicrania, come lo stress, il ciclo mestruale o i cambiamenti di stagione, ma un ruolo di primo piano spetta all’alimentazione. Esistono diversi cibi che possono provocare gli attacchi, in chi è predisposto ma anche in chi non lo è; tra questi ci sono formaggi stagionati, carni rosse e insaccati, dadi da brodo, crostacei e tutto ciò che contiene tiramina, istamina, nitriti, glutammato, fritti e cibi grassi in generale”.
Banditi fumo e superalcolici. Per prevenire l’emicrania fa eccezione il vino rosso, che contiene sostanze antiossidanti come il resveratrolo, che possono invece essere di aiuto. L’importante è la misura. Una sana alimentazione va sempre associata ad un corretto stile di vita. Lo sport può essere un valido alleato perché aiuta a scaricare le tensioni. Meglio però svolgere attività fisica all’aperto, anche una semplice passeggiata, ed evitare luce artificiale o rumori forti, tipici delle palestre.
Se però l’emicrania compare solitamente al risveglio, la causa probabilmente è la cattiva qualità del sonno. È importante riposare bene: per farlo, bisogna dormire in un ambiente buio e silenzioso, senza apparecchi elettronici, ed aspettare almeno tre ore dopo cena prima di coricarsi. Un consiglio per chi risolve gli attacchi di mal di testa a suon di analgesici: un loro abuso può ottenere l’effetto opposto, ovvero cronicizzare il disturbo. La corretta alimentazione, un buon sonno ristoratore, la regolare attività fisica e un approccio sereno alla vita sono i pilastri fondamentali per combattere e prevenire il mal di testa.
In ultimo la cefalea a grappolo. Si tratta di una cefalea poco frequente, che si caratterizza per il raggrupparsi delle crisi in determinati periodi dell’anno ed è più frequente nei maschi (M:F = 3:1). Il dolore è molto intenso, pulsante-urente, della durata di 15-180 minuti, ricorrente a crisi ravvicinate (grappolo di attacchi) da uno ogni due giorni a otto al giorno, in sede orbitaria unilaterale. Si associa a congestione oculare, ostruzione nasale o rinorrea, abbassamento della palpebra, guancia e fronte rosse e sudate.
Nel caso di insorgenza di una cefalea è importante fare una visita specialistica presso un centro cefalee, sia per una definizione diagnostica accurata che per una presa in carico del paziente, con una raccolta completa di dati anamnestici e clinici e l’impostazione di trattamenti specifici per i singoli attacchi e per la prevenzione degli stessi. L’obiettivo è quello di raggiungere un significativo miglioramento clinico e un adeguato grado di autogestione da parte del paziente delle crisi residue.
Redazione Nurse Times
Fonte: Humanitas Salute
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