Dall’American College of Cardiology un documento che indica la strada per affrontare il problema. Importante un corretto iter diagnostico un’altrettanto corretta attività fisica.
Tanti sono gli strascichi lasciati dal coronavirus, soprattutto sul cuore. Dolore al petto, palpitazioni e alterazioni del battito, ma anche stanchezza e difficoltà respiratorie sono un problema per il 10-30% dei pazienti contagiati, anche quattro o più mesi dopo la risoluzione dell’infezione. Esiste un long Covid solo cardiovascolare, classificato con il termine Pasc (Sequele Post Acute da Sars-Cov-2) dagli esperti dell’American College of Cardiology, che ha appena pubblicato sul Journal of the American College of Cardiology un documento di consenso, indicando la strada da percorrere per affrontare il long Covid a danno del cuore.
Il documento dovrebbe diventare una guida, che sarà seguita anche al di qua dall’oceano, sottolineano gli esperti della Società italiana di cardiologia (Sic), richiamando l’attenzione sull’opportunità di sottoporsi a un corretto iter diagnostico in presenza di sintomi cardiovascolari dopo il Covid e anche l’importanza di utilizzare l’attività fisica corretta come metodo efficace per tornare a stare bene.
“Il long Covid a livello cardiovascolare viene ormai identificato come Pasc. Sono così numerosi i casi di pazienti con un interessamento cardiovascolare dopo l’infezione acuta che si è definita una nuova malattia – spiega Ciro Indolfi, presidente Sic e ordinario di Cardiologia all’Università Magna Graecia di Catanzaro -. Si parla di Pasc-Cvd quando dopo i test diagnostici si individua una vera e propria patologia cardiovascolare, oppure di Pasc-Cvs o sindrome Pasc cardiovascolare quando invece gli esami diagnostici standard non hanno identificato una malattia cardiovascolare specifica, ma sono presenti sintomi tipici come tachicardia, intolleranza all’esercizio, dolore toracico e mancanza di respiro. Purtroppo sembra esistere una ‘spirale discendente’ nel long Covid, come l’hanno definita i colleghi americani la fatica e la ridotta capacità di esercizio portano a una diminuzione dell’attività e del riposo a letto, che comportano a loro volta un peggioramento dei sintomi e una qualità di vita ridotta”.
Prosegue l’esperto: “La consulenza cardiologica è raccomandata per i pazienti con Pasc e risultati anormali dei test cardiaci, in chi ha malattie cardiovascolari note con sintomi nuovi o in peggioramento, se il paziente ha avuto complicanze cardiache documentate durante l’infezione da Sars-CoV-2 o sintomi cardiopolmonari persistenti che non sono spiegati altrimenti. In presenza della sindrome Pasc, in cui quindi non c’è una malattia cardiologica, ma ci sono sintomi come tachicardia o una riduzione della capacità di allenamento rispetto a prima del contagio, si raccomanda inizialmente l’esercizio in posizione sdraiata o semi-sdraiata, come ciclismo, nuoto o canottaggio, per poi passare anche all’esercizio in posizione eretta man mano che migliora la capacità di stare in piedi senza affanno”.
E ancora: “Anche la durata dell’esercizio dovrebbe essere inizialmente breve (da cinque a dieci minuti al giorno), con aumenti graduali man mano che la capacità funzionale migliora. Nella sindrome Pasc può essere utile anche l’assunzione di sale e liquidi, per ridurre i sintomi come tachicardia, palpitazioni e ipotensione ortostatica. In alcuni casi il medico può prescrivere beta-bloccanti, calcio-antagonisti non diidropiridinici, ivabradina, fludrocortisone e midodrina”.
Conclude Pasquale Perrone Filardi, presidente eletto Sic e ordinario di Cardiologia all’Università Federico II di Napoli: “L’importante è non trascurare segni e sintomi cardiovascolari che compaiano o perdurino dopo 4 o più settimane dalla guarigione da Covid-19”.
Redazione Nurse Times
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