l’Istituto Officina dei materiali del Consiglio Nazionale delle Ricerche ha collaborato a una ricerca internazionale che descrive il meccanismo di fusione cellulare innescato dal Covid-19.
Cosa succede quando il coronavirus infetta le cellule? A descrivere il cosiddetto meccanismo di fusione cellulare è una ricerca internazionale, frutto della collaborazione tra l’Istituto Officina dei materiali del Cnr, l’Istituto Laue Langevin di Grenoble, l’Università di Cambridge e l’Australian National Deuteration Facility. La ricerca è stata pubblicata dalla rivista Jacs (Journal of the American Chemical Society).
“Nonostante faccia parte di una famiglia già nota di virus, non si era ancora compreso il meccanismo con cui Sars-Cov-2 infetta le cellule umane – spiega Daniela Russo, del Cnr-Iom –. In questo studio siamo stati in grado di riprodurre alcuni aspetti importanti per studiare il meccanismo di infezione, semplificando il sistema fino ai suoi elementi principali, che possono essere analizzati mediante la spettroscopia di diffusione di neutroni (scattering). Usando le possibilità offerte da questa metodica, si è potuto studiare nel dettaglio le interazioni tra la proteina virale e la membrana cellulare, analizzando gli effetti sulla struttura della membrana e la dinamica a scala molecolare di questa interazione a temperatura ambiente”.
La ricerca si è concentrata sulla proteina Spike virale, che svolge un ruolo importante nell’infettività. In particolare, si è identificata la sequenza proteica precisa coinvolta nel processo di fusione (peptidi di fusione), cioè quella responsabile del processo con cui il virus riesce a penetrare e infettare l’organismo. “La proteina Spike può mediare l’ingresso cellulare tramite fusione diretta sulla membrana plasmatica, dove i livelli di calcio sono alti, o sulla membrana endosomiale, dove i livelli di calcio sono inferiori”, prosegue Russo.
I ricercatori del Cnr-Iom hanno potuto utilizzare le strutture dell’Istituto Laue Langevin di Grenoble, dove sono insediati presso un’unità di ricerca, e compiere gli esperimenti in stretta collaborazione, ottenendo informazioni cruciali e uniche al fine di determinare i meccanismi molecolari dell’infettività. “Assieme ai ricercatori dell’Ill abbiamo prodotto i campioni e pianificato gli esperimenti – spiega Francesca Natali, del Cnr-Iom –. Grazie all’impiego di un approccio multi-metodo e alle competenze dei diversi gruppi di ricerca che lavorano nel sito di Grenoble si è effettivamente compreso che i diversi segmenti del peptide di fusione della Sars-Cov-2 Spike assumono diverse funzioni nelle fasi di fusione e infezione”.
Emerge, però, anche il ruolo fondamentale del calcio. “In presenza di calcio, la regione di fusione N-terminale si arpiona attraverso il doppio strato lipidico – aggiunge Russo –. La membrana viene destabilizzata e resa più fluida, avviando la fusione in cui i lipidi della membrana virale e della membrana ospite iniziano a mescolarsi. Rimuovendo il calcio, il peptide di fusione N-terminale cambia posizione e si colloca meno in profondità nella membrana, dove funziona in modo molto più simile agli altri peptidi di fusione studiati, fungendo cioè da ponte tra l’ospite e la membrana virale. Secondo questi risultati i livelli di calcio intracellulare possono quindi fornire un’indicazione di dove e come le membrane virali e dell’ospite si fondono durante l’infezione da Sars-Cov-2. Questi dati, oltre a essere interessanti nel contesto dell’attuale pandemia di Covid-19, forniscono un quadro interdisciplinare per future indagini sui meccanismi di fusione eucariotica e virale”.
Redazione Nurse Times
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