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Long Covid, al San Giovanni di Roma il primo studio prospettico multicentrico

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Long Covid, proposte di istituzioni e comunità scientifica al webinar dell'associazione Dossetti
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La ricerca ha fatto luce sulla sintomatologia più frequente nei pazienti affetti dalla sindrome.

Le alterazioni funzionali dell’olfatto rappresentano una delle manifestazioni sintomatologiche più comuni del long Covid. Una percentuale tra il 20% e il 25% dei pazienti affetti da tale sindrome lamenta infatti disturbi dell’olfatto anche dopo unanno dall’infezione da SARS-CoV-2. I risultati ottenuti da uno studio prospettico, primo al mondo, condotto su 152 pazienti, sono stati pubblicati la scorsa settimana sulla rivista scientifica BrainSciences.

Lo studio, coordinato da Arianna Di Stadio, professore associato di Otorinolaringoiatria all’Università di Catania, ha visto la partecipazione del professor Angelo Camaioni, direttore del Dipartimento Testa-collo e della Uoc di Otorinolaringoiatria dell’Ao San Giovanni Addolorata, coadiuvato dal dottor Pietro De Luca, medico in formazione specialistica in Otorinolaringoiatria. Al lavoro hanno collaborato centri di riferimento nel panorama scientifico internazionale, rappresentati da Michael J. Brenner, professore associato di Otorinolaringoiatria e chirurgia testa-collo all’Università del Michigan, e da Evanthia Bernitsas, professore associato di Otorinolaringoiatria e direttrice del Centro per la sclerosi multipla della Wayne State University di Detroit.

Nel dettaglio, i risultati chiariscono che ben il 32,8% dei pazienti ha presentato anosmia, il 16,4% iposmia, il 6,6% parosmia/cacosmia eil 32,8% una combinazione di iposmia e parosmia. Solo il 4,6% ha sofferto esclusivamente di cefalea, mentre l’1,4% cefalea e confusione mentale come sintomi d’esordio. In particolare, la cefalea è stata accusata dal 50% dei pazienti e la confusione mentale dal 56.7%.

“L’alterazione dell’olfatto e il coinvolgimento cognitivo sono caratteristiche comuni della sindrome da long Covid – spiega nell’articolo il professor Camaioni -. La confusione mentale spesso descritta come brain fog, potrebbe influenzare l’olfatto, alterando il ricordo degli odori o attraverso un meccanismo condiviso di neuroinfiammazione. Abbiamo indagato la confusione mentale, la cefalea e la funzione cognitiva in pazienti adulti con disfunzione olfattiva persistente dopo infezione da SARS-CoV-2. Questo studio trasversale multicentrico ha arruolato 152 adulti che riferivano disfunzione olfattiva afferenti a tre centri terziari specializzati in disturbiolfattivi da Covid-19. Criteri di inclusione sono stati l’alterazione olfattiva dopo infezione da SARS-CoV-2 persistenti per oltre sei mesi dall’infezione in soggetti con età maggiore di 18 anni e inferiore a 65 anni”.

Dallo studio sono stati esclusi pazienti con alterazione dell’olfatto, cefalea, o disturbi mnemonici precedenti all’infezione. I pazienti sono stati esaminati tramite esame olfattometrico, esame endoscopico nasale, scale di valutazione dellecefalea, valutazione della cognitivi, Mini Mental State Examination (MMSE). La disfunzione olfattiva è stata stratificata e classificata in base alla severità del deficit e in base alla presenza o meno di distorsione dell’olfatto (parosmia, cacosmia). I dati inerenti all’olfatto, la cefalea, la confusione e il MMSE sono stati analizzati per valutare eventuali connessioni.

“I pazienti che riferivano cefalea, confusione mentale, o entrambe – si legge – mostravano un rischio significativamente maggiore disoffrire di anosmia e/o iposmia se confrontati con la controparte senzasintomi neurologici. Nessuno dei pazienti ha riportato un punteggio ridotto al MMSE. Nella nostra coorte di pazienti post-Covid con sintomi olfattivi persistenti oltre i sei mesi la cefalea e il coinvolgimento cognitivo erano associati a deficit olfattivi più severi, coerentemente con meccanismi neuroinfiammatori mediatori di una varietà di sintomi nei pazienti con sindrome long Covid”.

Redazione Nurse Times

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