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Lo stravaso dei farmaci chemioterapici: istruzioni per il trattamento

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Lo stravaso dei farmaci chemioterapici: istruzioni per il trattamento 3
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Secondo l’Associazione Italiana per Infermieri di Oncologia per stravaso si intende l’infiltrazione accidentale di farmaci antiblastici nei tessuti sottocutanei e sottodermici attorno alla sede intravenosa o intrarteriosa di somministrazione

A questa definizione bisogna aggiungere che il danno, però, non si limita solo a livello basale bensì può coinvolgere più in profondità anche nervi, tendini e articolazioni.

A livello internazionale l’incidenza non è particolarmente rilevante: gli stravasi di agenti citotossici da catetere venoso periferico, infatti, variano dallo 0,45% al 6,4%.

Per quanto riguarda l’Italia va detto che, purtroppo, non esistono registri ufficiali in cui vengono documentati gli stravasi; gli unici dati derivano da segnalazioni in cartelle cliniche o da schede di valutazione di reparto non standardizzate a livello internazionale.

Secondo alcuni studi risulta, comunque, che il numero degli eventi sia in calo.

Le sedi più a rischio per i danni da stravaso da catetere venoso periferico sono ovviamente compatibili con quelli di posizionamento del device quali il dorso della mano, la fossa antecubitale e le articolazioni di polso e di gomito.

Le cause e i fattori di rischio dello stravaso sono riconducibili a 3 fattori:

  1. Per i farmaci il danno è correlato al potere vescicante; alla concentrazione delle sostanze stesse; al tempo di esposizione e quindi a quello di infusione.
  2. Per la persona assistita risultano rilevanti le condizioni dell’apparato vascolare e soprattutto del vaso scelto; le sindromi o le patologie che possono andare ad alterare la circolazione venosa e linfatica; eventuali neuropatie o alterazioni della coscienza che possono modificare la sensibilità al dolore;
  3. Per l’operatore addetto alle infusioni i problemi possono derivare da lacune nella pratica o nell’esperienza professionale, dalla tecnica stessa scelta per il posizionamento del catetere venoso oppure dalla qualità dell’educazione fatta all’assistito.

La prevenzione dello stravaso si può analizzare attraverso numerose dimensioni:

  • l’infermiere, sia come operatore sanitario addetto alla somministrazione che come educatore sanitario adeguatamente formato e preparato al riguardo;
  • la persona assistita, che va vista in senso olistico e di cui devono essere tenuti in considerazione come reali fattori di rischio sia lo stato di coscienza che lo stato psicologico che eventuali comorbidità;
  • l’accesso venoso, ossia il tipo di device e la sede in cui questo viene posizionato;
  • il controllo del dispositivo, ossia il valutare se questo sia effettivamente in sede e ben fissato con medicazioni adatte prima dell’inizio dell’infusione e durante la stessa;
  • la somministrazione del farmaco, cioè cosa, come e quanto si va ad infondere;
  • gli agenti vescicanti, o meglio la loro pericolosità, che meritano una soglia di attenzione particolarmente elevata date le gravi lesioni che un eventuale stravaso può causare.

Il riconoscimento precoce dello stravaso è alla base del suo corretto trattamento; ed è per questo che per prima cosa va altamente differenziato dalle irritazioni della vena.

Segni e sintomi dello stravaso sono particolarmente caratteristici, basti osservare il dolore che è severo e localizzato solo intorno al sito di infusione; l’ulcerazione che è tipica se non addirittura esclusiva dello stravaso ed il reflusso ematico che è presente in tutte le complicanze tranne in questo caso; l’eritema e l’edema, invece, non sono segni distintivi ma vanno comunque tenuti in considerazione al fine della diagnosi.

Un’attenzione particolare va posta ai casi asintomatici per cui il rischio è di non identificare in tempo utile lo stravaso e quindi andare a provocare danni ancora più gravi alla persona assistita.

La categorizzazione dei farmaci si basa sul tipo di danno tissutale che questi provocano in caso di eventuale stravaso e se ne riconoscono 3 tipologie:

  • vescicanti che possono dare irritazione vascolare, ulcerazione e necrosi tissutale, danno ai nervi e ad altre strutture profonde fino alla perdita funzionale dell’arto (vincristina, vinblastina);
  • irritanti che causano dolore a livello del sito di infusione e segni di infiammazione locale fino alla flebite, tossicità cutanea reversibile, vescicolazione ma non necrosi tissutale (cisplatino, fluoruracile);
  • non vescicanti che dopo lo stravaso o al momento dello stesso non danno evidenti segni di reazione locale (ciclofosfamide, methotrexate, interferone).

Le linee guida internazionali per il trattamento dello stravaso del 2012 hanno tracciato dei punti salienti:

  • La diagnosi differenziale risulta basilare al fine di iniziare il trattamento più adeguato;
  • Le misure generali vanno adottate al momento della diagnosi di stravaso che sono uguali per tutti i farmaci e riguardano la preparazione e l’addestramento del personale;
  • Le misure specifiche vanno adeguate al tipo di sostanza stravasata quali i metodi meccanici (dispersione e diluizione, localizzazione e neutralizzazione, uso di impacchi caldi o freddi, wash-out, pin-cushion) e l’applicazione di antidoti (corticosteroidi, sodiotiosolfato, ialuronidasi);
  • Il trattamento chirurgico è un’operazione attuabile solo in determinati casi come l’edema persistente, l’eritema, l’ulcerazione o la necrosi dei tessuti.

Ma quali sono le azioni da compiere quando ci si trova di fronte ad uno stravaso?

  1. La prima cosa da fare è interrompere subito l’infusione lasciando il catetere venoso in sede;
  2. Si identifica la sostanza fuoriuscita;
  3. Lasciando il device in situ si può aspirare più farmaco possibile e successivamente si può rimuovere il catetere venoso;
  4. Segnare l’area stravasata con matita dermografica;
  5. Applicare le misure specifiche per ogni tipo di farmaco;
  6. Porre l’arto in scarico e somministrare analgesici.

Un altro punto saliente da non sottovalutare è il kit d’emergenza.

Esso deve essere tassativamente presente in reparto e deve essere completo di materiali di prima necessità quali:

  • aghi;
  • siringhe;
  • garze sterili;
  • borsa termica;
  • ghiaccio istantaneo;
  • i vari antidoti.
Stravaso kit

Ultima ma non per importanza la documentazione.

Le linee guida consigliano la presenza in reparto di una scheda di rilevazione dell’evento che deve permettere la tracciabilità dell’assistito e descrivere la dinamica dello stravaso e una scheda per il successivo follow up.

L’infermiere ha un ruolo cruciale nella prevenzione, nella diagnosi precoce e nella gestione dello stravaso; come indicato dalle linee guida che delimitano 5 aree in cui deve essere protagonista.

La standardizzazione delle procedure e dei protocolli, la formazione del personale sia come parte educata che come parte educatrice, l’educazione e l’informazione dell’assistito, l’adeguata scelta dell’accesso venoso e il monitoraggio dell’infusione, l’adeguata gestione della somministrazione del farmaco.

Le giuste strategie di prevenzione, le adeguate scelte tecniche, infermieri ben preparati e pazienti opportunamente informati rappresentano gli unici modi per ridurre gli episodi di stravaso.

Anna Arnone

Sitografia

www.esop.li

www.beatson.scot.nhs.uk

www.ebmt.org

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