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Liste di attesa, Gimbe: “Solo 6 le Regioni virtuose. Serve maggiore trasparenza”

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Liste d'attesa, in Puglia non sono bastati 28,5 milioni per abbatterle
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L’ultima analisi della Fondazione Gimbe, presentata al Forum Mediterraneo Sanità, ha rivelato grandi differenze dei tempi di attesa per le prestazioni sanitarie tra le Regioni italiane. Solo sei Regioni, tra cui la Puglia – unica nel Sud – offrono informazioni complete e accessibili sui tempi di attesa tramite i loro portali web.

I tempi di attesa rappresentano una delle criticità più evidenti del nostro Servizio sanitario nazionale. Mentre il recente Decreto “Liste di attesa” ha previsto la creazione di una piattaforma nazionale per migliorare il monitoraggio, la sua efficacia dipenderà dalla trasparenza delle piattaforme regionali, che al momento resta insufficiente in molte aree.

L’assenza di una rendicontazione pubblica completa, nonostante la gravità del problema, aggrava i disagi dei pazienti, peggiora gli esiti di salute e fa lievitare la spesa sanitaria privata. È necessario garantire ai cittadini un accesso chiaro e semplice ai dati sanitari per consentire scelte consapevoli e migliorare l’accesso alle cure.

“I tempi di attesa sono oggi il sintomo più grave ed evidente della crisi organizzativa e professionale del servizio sanitario nazionale – dichiara Nino Cartabellotta, residente della Fondazione Gimbe, in un’intervista rilasciata a Wired -. Questo crea pesanti disagi per i pazienti, peggiora gli esiti di salute e fa lievitare la spesa privata, che impoverisce le famiglie e può portare anche a rinunciare alle cure. Ma paradossalmente, a fronte della rilevanza del problema, non esiste una rendicontazione pubblica completa e trasparente sui tempi di attesa”.

Sette Regioni sono prive di un portale unico delle liste di attesa con dati aggiornati: Basilicata, Campania e Lombardia rimandano ai siti delle singole aziende sanitarie, mentre Abruzzo, Friuli Venezia Giulia, Provincia autonoma di Trento e Sicilia riportano solo dati storici antecedenti al 31 dicembre 2023. Tra le 13 Regioni, più la Provincia autonoma di Bolzano, che dispongono di un portale unico la visualizzazione dei dati per singola azienda sanitaria è stata valutata positivamente, mentre la disponibilità del solo dato aggregato regionale è stata giudicata insufficiente.

Quasi tutte riportano il numero di prestazioni monitorate, ma Emilia-Romagna, Lazio, Liguria, Marche e Piemonte non indicano il tempo di attesa medio. Calabria, Emilia-Romagna e Molise, inoltre, non suddividono il dato per classe di priorità (breve, differibile, programmata). Notevoli differenze emergono anche nelle modalità di accesso ai portali di prenotazione delle prestazioni. Si va da Regioni che permettono di consultare le liste d’attesa senza necessità di autenticazione, come il Friuli Venezia Giulia e la Basilicata, ad altre che richiedono Spid, carta d’identità elettronica, tessera sanitaria o codice fiscale. Il Molise è l’unica Regione a non disporre di un portale web, ma solo di un’app per smartphone.

“La valutazione dei siti web delle Regioni sul monitoraggio ex-ante dei tempi di attesa evidenzia una situazione molto variegata, con rilevanti margini di miglioramento – aggiunge il presidente Gimbe -. Su questo fronte, in attesa della piattaforma nazionale, per numerose Regioni la trasparenza è ancora un lontano miraggio. Eppure è fondamentale per permettere ai cittadini di comprendere appieno la gestione della sanità nella propria regione. Dati chiari sui tempi di attesa, classi di priorità e confronti tra aziende sanitarie sono elementi essenziali per facilitare scelte consapevoli e rafforzare la fiducia nei servizi offerti”.

Redazione Nurse Times

Fonte: Wired

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