Riceviamo e pubblichiamo un contributo del dottor Giuseppe Piazza, fondatore di Infermieri in Cambiamento.
Si può parlare di “lavoro d’equipe” quando chiunque, in qualsiasi equipe, svolge il lavoro spettante ad altri? Assolutamente no. Anzi, sarebbe da ignoranti.
In ambito calcistico, se un difensore facesse l’attaccante e il portiere facesse il difensore, la partita andrebbe persa? Ovvio. Se in un ristorante il cameriere cucinasse e il cuoco servisse ai tavoli, la cena sarebbe gradita? Assolutamente no. Ci arrivaerebbe un bambino di cinque anni, vuoi che non ci arrivi un dirigente? Forse no. O forse gli conviene non arrivarci?
IL TEOREMA DELLA CASA – Questo teorema consiste semplicemente nell’esporre il lavoro svolto da un’equipe di costruttori edili impegnati nella fabbricazione e nel completamento di una casa. Il muratore deve creare i muri e le strutture in cemento, lavorando insieme all’elettricista per concordare dove posizionare i pozzetti e le tubature nelle quali far passare i fili elettrici. L’idraulico, a sua volta, penserà alla creazione delle tubature di scarico e al montaggio dei sanitari. Successivamente l’imbianchino vernicerà pareti, infissi, eccetera. Se viene a mancare uno solo di queste figure, il prodotto finito sarebbe sicuramente fatto male.
Se il muratore, oltre al suo lavoro, svolgesse anche quello dell’elettricista?
Primo: lo farebbe male e in fretta, proprio perché non competente in materia. Secondo: potremmo parlare di abuso di professione, dato che sta eseguendo un lavoro non di sua pertinenza.
E IN OSPEDALE? Se l’infermiere facesse il giro letti (cosa che già avviene, purtroppo), il medico la terapia e l’oss le diagnosi mediche, mi dite come un paziente potrebbe uscirne illeso? Si parlerebbe davvero di malasanità.
Tutte le aziende, quindi, operano secondo un sistema illecito? La risposta la conosciamo già. La soluzione? A ciascuno il suo! Se l’infermiere perde tempo a fare l’oss, sarà meno efficiente nel lavoro per il quale è qualificato, nel valutare obiettivi e risultati. Eseguirebbe gli interventi non come dovrebbe. Perché non ha tempo. Perché ha passato la maggior parte del tempo a fare qualcosa che non è il suo lavoro. Perché non deve essere lui a fare quel lavoro!
Allora, come possiamo spiegare ai coordinatori, ai dirigenti, anche agli stessi colleghi che le missed care sono una cosa seria? Che se vogliamo migliorare gli outcome dei nostri assistiti, dobbiamo ridurre obbligatoriamente le cure mancate?
LA SITUAZIONE IN ITALIA – Dall’articolo RN4CAST espone i dati italiani, pubblicato sulla rivista The Lancet, si evince che:
– Il 41% delle cure infermieristiche viene a mancare totalmente o parzialmente.
– Il 59% degli infermieri si occupa di lavori non infermieristici, burocratici, logistici, eccetera.
ABBIAMO CAPITO BENE? Il 41% e il 59%! Ma ci rendiamo conto?! Ci siamo laureati per fare bene il nostro lavoro al 59% e per praticare la professione al 41%? Nella seguente tabella si descrivono le principali cause delle cure mancate, ma è proprio il caso di evidenziare le più importanti!
Siamo infermieri a metà. Anzi, molto meno. Adesso fermiamoci e domandiamoci: è questa l’idea di professione che vogliamo? E ancora: è questo il modo per rilanciare una nobile professione? Abbiamo molto da lavorare, cari colleghi. Ma affinché si riesca a lavorare uniti, il cambiamento vero e proprio deve partire da ognuno di noi. Forza!
Giuseppe Piazza
Fonti:
– https://www.nursetimes.org/i-livelli-di-staffing-e-le-cure-mancate-appuntamento-a-roma-con-lo-studio-rn4cast/32272
– Kalisch BJ, Williams RA. Development and psychometric testing of a tool to measure missed nursing care. J Nurs Adm. 2009 (May); Vol.39. Issue 5: 211-9.
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