…di Roberto Ferrari (Segretario IPASVI-BS)
Vedere la prof.ssa Emma Carli premiata il 2 aprile, durante l’assemblea annuale del Collegio di Brescia, per i 50 anni d’iscrizione all’Albo come la collega Adriana Boldi, mi ha fatto chiedere: dopo un passo decisivo come l’abolizione del mansionario e l’istituzione del Profilo Professionale dell’Infermiere cosa è successo alla nostra professione?
Abbiamo pensato di poter vivere della rendita derivante dall’impegno di colleghe come queste, che hanno portato avanti quelle che vengono giustamente considerate le battaglie infermieristiche? Siamo stati vittima di un colossale fraintendimento che ci ha portato a pensare che un inquadramento giuridico fosse di per sé sufficiente per ricevere anche un riconoscimento sociale?
Rispondere a queste domande non è semplice, ma un fatto è chiaro; abbiamo perso tempo e, in un certo senso, abbiamo tradito lo spirito di quel periodo, accontentandoci di un riconoscimento giuridico e non portando avanti invece, con la dovuta forza, delle autentiche istanze di cambiamento all’interno del nostro Sistema Sanitario Nazionale.
A ciò bisogna aggiungere una certa staticità, che ha caratterizzato gli scorsi decenni, per quanto concerne la rappresentazione dell’infermiere nell’immaginario collettivo.
L’infermiere oggi, quando va bene e non rimane invischiato nei casi di cronaca o nei paragoni sessisti, è ancora considerato una figura che lavora in ospedale, che distribuisce pillole o che fa iniezioni.
Ora come noi invece sappiamo, essere infermiere significa molto di più e siamo in grado di dare un contributo sostanziale nel rivoluzionare il concetto stesso di healthcare.
Impossibile allora, in questo maggio 2016, non dedicare la Giornata Internazionale dell’Infermiere all’innovazione, nella sua accezione sia tecnologica sia organizzativa.
Innovazione tecnologica ad esempio.
All’inizio del nostro progetto HackathonBs, parlando con i malati di artrite reumatoide che hanno partecipato (soprattutto Rocco Furfari, Elena Abrami, Virna Mombelli e Domenica Pellizzari di ABAR), ci siamo resi definitivamente conto che il percorso che porta all’acquisizione e all’utilizzo degli ausili è decisamente troppo tortuoso. Una volta poi che questi giungono nelle mani dei malati, risultano generalmente obsoleti, poco adattabili alle loro esigenze e, non da ultimo, brutti. L’estetica non è secondaria, soprattutto se si lega allo stigma della malattia.
Ecco allora che il Collegio IPASVI di Brescia, attraverso i componenti della Commissione Innovazione (Roberto Ferrari, Maria Conti, Everton Nascimento de Souza, Laura Beltrami, Andrea Francescone, Anna Brescianini e Paola Bertazzi), e degli altri infermieri partecipanti, si è fatto portatore di un bisogno dalle caratteristiche olistiche e ha raggruppato: infermieri (esperti di assistenza), malati di artrite reumatoide (empiricamente gli esperti delle problematiche quotidiane derivanti dalla loro malattia) e makers, artigiani digitali i quali sono in grado di trasformare un problema in un oggetto che ti aiuta a risolverlo, il tutto con bellezza e stile.
Il designer pertanto (nella fattispecie una vera e propria squadra composta da Francesco Rodighiero, Nicoletta Grumelli, Stefano Anfossi, Silvia Remotti, Riccardo Buldrini e Michele Faini) è una figura a metà fra l’arte e la tecnica e che, per questo motivo, ricorda molto da vicino quella dell’infermiere.
Durante questa esperienza, nella quale gli infermieri hanno avuto un ruolo non solo di promotori ma di leader (provate a pensare quante altre volte succede nei progetti, soprattutto quelli interdisciplinari, a cui partecipiamo), abbiamo lavorato a stretto contatto con altre professioni molto diverse dalla nostra (oltre ai designer ad esempio gli ingegneri), e ci siamo messi nelle condizioni di imparare cose nuove cose, soprattutto su noi stessi. “Voi infermieri siete makers nati” se n’è uscito dopo il primo incontro del 24 giugno 2015, Andrea Danielli, responsabile di Prodevo. “Sapete sfruttare al meglio le risorse a disposizione, e avete ingegno e manualità”.
Tutte cose che, probabilmente, sappiamo già, certo: tuttavia sentirle dire da rappresentanti di altri ambiti professionali ha permesso di capire meglio le nostre qualità e che dobbiamo puntare in alto, molto più in alto di come abbiamo fatto fin’ora, senza timori reverenziali di sorta.
Sabato 14 maggio in Via San Faustino 74 (sede dell’Università degli Studi di Brescia) alle ore 10.00 presenteremo a tutta la cittadinanza e alle associazioni invitate, i prototipi degli ausili realizzati nel progetto HackathonBs, ovvero i frutti di questo processo di auto-attivazione che ha visto l’infermiere nel ruolo di leader.
L’innovazione tecnologica tuttavia deve andare di pari passo con quella organizzativa, una sinergia virtuosa che, purtroppo, non si è concretizzata in tutti questi decenni in cui i processi diagnostico-terapeutici hanno fatto passi avanti incredibili, senza però che l’impianto organizzativo dei luoghi di cura (ospedali in primis, ma anche RSA) venisse variato nella sua sostanza, fatta di sveglia all’alba, pasti ad ore improbabili, organizzazione mattino-centrica, fortemente gerarchizzata e incentrata sulle risorse economiche.
Questa forma organizzativa risalente alla fabbrica ottocentesca e, ancor prima, alla caserma, ha lasciato per strada l’elemento più importante: il paziente, ovvero il cittadino che, entrando in un luogo di cura, è costretto a disperdere la propria soggettività nel sistema di regole tipico delle istituzioni chiuse, con conseguenze negative sul processo diagnostico, terapeutico, assistenziale e riabilitativo purtroppo. Se un paziente è costretto ad andare a dormire alle 22.00, magari in un ambiente rumoroso a causa delle attività legate al turno di notte, ed a svegliarsi alle 6.00 il bisogno fondamentale di sonno-riposo non può non risentirne, con effetti a catena su tutto il suo stato di salute.
Per gli operatori invece, una struttura gerarchica di stampo militare (basta guardare la terminologia con termini come “guardie”, “guardiola”, divisioni, reparti e capireparto, “divisa”, ecc.) tende a mortificare le istanze di cambiamento inibendo l’innovazione.
Come possiamo riuscire a mettere a fuoco in maniera lucida tutte queste problematiche? Fortunatamente l’umanesimo e l’analisi storica ci vengono incontro, permettendoci di dar vita a un’innovazione più globale e, quindi, più vicina alle esigenze soggettive dell’essere umano: il Collega Prof. Edoardo Manzoni, Storico e Filosofo dell’assistenza, ci darà una mano da questo punto di vista guardando al passato.
La Collega Dr.ssa Guarnier (Dirigente Professioni Sanitarie Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari di Trento) invece, di informerà sui modelli assistenziali più up to date, mentre la Collega Sonia Tosoni (Coordinatrice presso Dipartimento di Cardiovascolare Fondazione Poliambulanza, Brescia) ci aggiornerà sulle innovazioni organizzative che sono già state sperimentate nel suo contesto operativo.
Riflessione sul passato, slancio verso il futuro (organizzativo e tecnologico) e punto della situazione sul presente insomma: tutti passi che sono fondamentali per ri-orientarci come professionisti e per dare, da protagonisti, uno slancio innovativo a tutto il settore sanitario.
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