INTRODUZIONE
La leptospirosi è una zoonosi, cioè una malattia infettiva che può essere trasmessa dagli animali all’uomo o viceversa, causata da batteri del genere Leptospira.
Gli animali, sia domestici che selvatici possono infettarsi ed eliminare i batteri con le urine. L’infezione nell’uomo avviene per contatto diretto con urina e tessuti di animali infetti, o indirettamente attraverso il contatto con acqua o terreno contaminati, attraverso le mucose dell’occhio, del naso o della bocca, o ferite e lesioni della cute (pelle), in particolare durante le attività all’aperto quali caccia, pesca, o sport d’acqua, o in luoghi di lavoro, come malattia professionale ad esempio degli allevatori, degli operai che lavorano nei mattatoi e nelle fognature.
L’infezione da Leptospira non sempre provoca la malattia, ma alcuni animali possono essere portatori sani che eliminano nell’ambiente i microrganismi con le urine. Particolarmente importanti, in questo senso sono i roditori (ratti e topi).
L’infezione può non causare nessun disturbo, oppure si possono manifestare disturbi (sintomi) generici, simili all’influenza, che scompaiono spontaneamente; per questo, molte infezioni da Leptospire non vengono riconosciute. Meno frequentemente l’infezione può causare una malattia più grave, potenzialmente letale, con gravi danni a carico di molti organi, tra cui il fegato e i reni. In presenza di ittero, la leptospirosi è anche nota come sindrome di Weil.
La diagnosi viene confermata rilevando nel sangue gli anticorpi contro i batteri o identificando i batteri in un campione di sangue o urine. Come terapia si somministrano antibiotici e talvolta liquidi salini, ma alle persone affette da forme gravi si possono somministrare infusioni endovenose di liquidi ed emodialisi (depurazione del sangue).
La leptospirosi viene considerata una zoonosi a distribuzione mondiale, anche se nella maggior parte dei casi la malattia viene osservata nelle zone tropicali e sub-tropicali con clima umido; viene considerata uno dei maggiori problemi di sanità pubblica nei paesi in via di sviluppo del Sud-Est Asiatico e del Sud America.
SINTOMI
I sintomi della leptospirosi sono vari e possono essere simili a quelli di altre infezioni, quali ad esempio l’influenza, la meningite, la febbre dengue o la febbre emorragica.
Nella maggior parte delle persone infette (circa il 90%), si tratta di sintomi non gravi. Negli altri casi, la patologia si estende a molti organi ed è potenzialmente letale.
La leptospirosi si presenta in due fasi.
Prima fase: circa 2-20 giorni dopo aver contratto l’infezione, si presentano febbre, cefalea, mal di gola, forti dolori muscolari e brividi. Dopo qualche giorno gli occhi diventano molto arrossati e alcune persone hanno tosse, occasionalmente emorragica, e dolore toracico. Nella maggior parte delle persone questi disturbi si risolvono in circa una settimana.
Seconda fase: la febbre e gli altri sintomi possono ripresentarsi alcuni giorni dopo, tra il sesto e il dodicesimo giorno di malattia. In alcune persone la leptospirosi causa meningite con rigidità del collo e cefalea. Nella seconda fase si possono avere danni al fegato che si manifestano con ittero (colorazione giallastra della cute e delle sclere degli occhi), insufficienza renale e tendenza al sanguinamento. I pazienti possono presentare epistassi (sanguinamento dal naso) o tossire sangue, oppure il sanguinamento può verificarsi nel sottocute, dei polmoni e, meno comunemente, del tratto digerente con sangue nelle feci. La perdita di sangue può causare anemia e vari organi come cuore, polmoni e reni potrebbero subire lesioni e malfunzionamenti. Questa forma è molto grave ed è chiamata sindrome di Weil.
La maggior parte delle persone che non sviluppano ittero guarisce. Circa il 5-10% dei soggetti con ittero può morire di leptospirosi, e questa percentuale è maggiore fra i soggetti di età superiore a 60 anni. Il rischio di decesso è maggiore se si manifestano alterazioni della funzione mentale, insufficienza renale, insufficienza respiratoria ed emorragie interne.
I bambini sono particolarmente vulnerabili alle forme più gravi della malattia. Inoltre, se la leptospirosi si sviluppa nelle prime fasi della gravidanza, aumentano i rischi di aborto spontaneo.
CAUSE
La leptospirosi è causata da batteri appartenenti al genere Leptospira, particolarmente diffusi nelle acque e negli ambienti umidi. Le Leptospire sono immesse nell’ambiente da animali selvatici e domestici infetti in particolare roditori (il serbatoio dei batteri), che le eliminano tramite le urine, contaminando le acque ed il terreno. L’uomo può essere infettato per contatto diretto con l’urina o i tessuti di animali infetti, o indirettamente per contatto con acqua o terreni contaminati. La leptospirosi può essere una malattia professionale (come ad esempio per gli allevatori o per gli addetti alle fognature e ai mattatoi), ma la maggior parte delle persone viene esposta accidentalmente durante attività ricreative, quali sport in laghi e fiumi, pesca, caccia.
Le Leptospire causano l’infezione attraverso piccoli tagli o abrasioni della pelle, oppure attraverso le mucose dell’occhio, del naso e della bocca, ma possono attraversare la pelle integra in caso di immersione prolungata in acqua contaminata. Dal punto d’ingresso entrano poi nel circolo sanguigno ed invadono praticamente tutti i tessuti e organi.
DIAGNOSI
La leptospirosi deve essere presa in considerazione in qualsiasi persona con febbre di origine sconosciuta che potrebbe essere stata esposta alle Leptospire. A causa della variabilità dei sintomi, la diagnosi della leptospirosi è difficoltosa e spesso tardiva.
Elementi indispensabili per la diagnosi sono: l’isolamento del batterio e la ricerca di anticorpi nel sangue.
Le persone con sospetta leptospirosi devono eseguire un prelievo di campioni di sangue e urina che vengono analizzati per individuare la presenza dei batteri. Nelle persone che presentano sintomi di meningite, i medici possono prelevare il liquido che circonda il cervello e il midollo spinale (liquido cerebrospinale).
Di solito, si fanno diversi prelievi nell’arco di alcune settimane. L’identificazione dei batteri o, più comunemente, il rilevamento nel sangue di anticorpi contro le Leptospire conferma la diagnosi.
I test di laboratorio per la diagnosi della leptospirosi non sono sempre disponibile, specialmente nei paesi in via di sviluppo ed è per questo che la malattia è trascurata e sottostimata in molte regioni del mondo.
TERAPIA
Il trattamento della leptospirosi dipende dalla severità con cui la malattia si manifesta e si basa principalmente su una terapia antibiotica che risulta più efficace se viene iniziata nelle prime fasi della malattia.
I casi di infezioni leggere vengono trattati con antibiotici per via orale, a volte in associazione con farmaci per il controllo della febbre e del dolore.
Per le infezioni gravi, si somministrano per via endovenosa antibiotici come penicillina o ampicillina. Può anche essere necessaria la somministrazione di liquidi con contenuto di sali. Le persone affette da sindrome di Weil possono necessitare di trasfusioni di sangue ed emodialisi (depurazione del sangue) ed hanno di solito bisogno di ricovero ospedaliero.
Le persone che hanno contratto l’infezione non devono essere isolate, ma è necessario prestare attenzione alla manipolazione e allo smaltimento delle urine.
PREVENZIONE
La prevenzione della leptospirosi si basa sulla protezione da contatti con animali potenzialmente infetti o con acqua contaminata.
L’utilizzo di indumenti e protezioni adeguate, quali guanti, maschere ed occhiali o visiere per gli addetti ai macelli, stivali alti per chi pratica la caccia e la pesca, e l’attenzione ad evitare di nuotare in acque, soprattutto se stagnanti, che potrebbero essere contaminate, sono accorgimenti importanti.
I vaccini sono poco efficaci a causa della notevole diversità delle Leptospire, mentre sono consigliati per proteggere gli animali domestici (il vaccino è disponibile ad esempio per i cani).
Il controllo dei roditori (ad esempio interventi di derattizzazione) è consigliato negli allevamenti e in prossimità delle abitazioni. Si deve consultare il proprio medico in caso di attività ad alto rischio di esposizione, per valutare eventuali profilassi antibiotiche.
Redazione NurseTimes
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