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Legge di bilancio: si lavora per stabilizzare il personale sanitario assunto durante l’emergenza Covid

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Valle d'Aosta, ecco l'idea dell'Usl per sostituire gli infermieri non vaccinati contro il Covid
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La manovra finanziaria dovrebbe prevedere un contratto a tempo inderterminato per medici, infermieri e altri operatori precari che hanno combattuto in prima linea contro il coronavirus.

Dopo quasi due anni trascorsi a combattere contro il coronavirus nella trincea degli ospedali, arriva la stabilizzazione per circa 33mila medici, infermieri e altri operatori sanitari. La soluzione per quelli che qualcuno ha ribattezzato gli “angeli del Covid” – assunti in corsa in una caccia forsennata per trovare il personale che, soprattutto nei primi mesi dello tsunami Covid, mancava tragicamente nelle corsie degli ospedali – si sta trovando in queste ore in una fitta interlocuzione tra ministero dell’Economia e quello della Salute per arrivare a scrivere le norme, finora lasciate in bianco, da inserire nella manovra.

La stabilizzazione nella Legge di bilancio – La proposta fortemente sostenuta dal ministro della Salute, Roberto Speranza, che nell’emergenza ha sempre ringraziato il personale sanitario, è una nuova boccata d’ossigeno – dopo l’aumento sempre in manovra delle risorse del Ssn, che saliranno a 124 miliardi nel 2022 – dopo anni di blocco del turnover, tagli (-45mila operatori tra il 2009 e il 2018) e un tetto della spesa del personale calcolato sui costi del 2004, a cui sottrarre l’1,4%. Un tetto, quest’ultimo, che potrebbe essere eliminato sempre nella Legge di bilancio, come più volte ha detto lo stesso ministro Speranza.

Una platea di 33mila operatori – La stabilizzazione dovrebbe riguardare, come detto, circa 33mila operatori, compresi qualche migliaio di specializzandi, i giovani medici che hanno completato la loro formazione direttamente in trincea. Il requisito che dovrebbe essere accolto in manovra è quello di aver avuto un contratto a tempo determinato tra gennaio 2020 (inizio dell’emergenza) e giugno 2021. Un requisito che riguarderebbe appunto circa 33mila operatori. Il costo dovrebbe aggirarsi circa sui 500-600 milioni, che è la forbice di risorse in più necessarie per trasformare ci rapporti a tempo in contrati a tempo indeterminato.

Gli esclusi dalla manovra – In realtà la platea dei precari assunti durante l’emergenza è molto più ampia, come ha segnalato nei giorni scorsi la Fiaso, la Federazione che rappresenta i manager di Asl e ospedali, ed è di 66.029 operatori sugli 83.180 reclutati da gennaio 2020. Di questi, 21mila sono medici, quasi 32mila gli infermieri e quasi 30mila altri operatori (tecnici di laboratorio e di radiologia, biologi, assistenti sanitari, ecc.).

Per Fiaso la platea ideale da stabilizzare è di 53mila operatori calcolati, escludendo dal totale dei 66mila precari gli specializzandi, i giovani medici abilitati ma non specializzati e i pensionati richiamati in corsa. «Si tratta di un importante segnale – avverte il presidente di Fiaso, Giovanni Migliore, che sana in parte i tagli del passato e aiuta a tamponare le uscite del personale, che fino al 2024 saranno molto superiori rispetto agli ingressi. Per il futuro, però, non vogliamo più tetti, ma standard uniformi del personale, a cominciare dal territorio».

Il fabbisogno sul territorio – La sfida, infatti, sarà anche quella della Sanità fuori dall’ospedale: sul territorio serviranno a esempio almeno 20-25mila infermieri di famiglia, parte dei 60mila infermieri complessivi che mancano all’appello secondo la Fnopi. La manovra dovrebbe prevedere anche assunzioni sul territorio, oltre a un nuovo piano sulle liste d’attesa per recuperare le cure saltate a causa del Covid e la revisione del tetto della spesa farmaceutica ospedaliera, che dovrebbe essere alzato.

Redazione Nurse Times

Fonte: Il Sole 24 Ore

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