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Lazio, Nursing Up: “Il cittadino che può scegliere un infermiere per la sua famiglia non trema!”

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Lazio, Nursing Up: “Cittadino che può scegliere un infermiere per la sua famiglia non trema!”
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Riceviamo e pubblichiamo una nota a firma di Laura Rita Santoro, responsabile regionale del sindacato.

Il 19 febbraio 2019, come Nursing Up Lazio, siamo stati a un audizione presso il Consiglio Regionale del Lazio. Si disquisiva circa la proposta di legge n. 106 del 6 febbraio 2019, a tema: “Disposizioni per la promozione dell’assistenza infermieristica familiare” (vedi allegato, ndr).

Purtroppo avremmo voluto avere a disposizione il testo della proposta di legge per tempo, anziché il giorno stesso poco prima dell’audizione, ciò nonostante, grazie alla collaborazione che c’è nel Nursing Up, tra regioni, abbiamo potuto stilare un documento, basandoci su esperienze già collaudate come quelle dell’Emilia Romagna e della Liguria.

Prima del nostro intervento è stato interpellato il coordinamento degli Ordini delle professioni infermieristiche della Regione Lazio, che si è presentato con i presidenti degli Opi di Roma, Latina e Rieti e a altri esponenti.  La dottoressa Ausilia Pulimeno ha presentato il documento che avevano preparato in seno a un direttivo regionale, avendo avuto a disposizione il testo della proposta di legge, e che hanno consegnato ai componenti della VII Commissione “Sanità, politiche sociali, integrazione socio sanitaria, welfare” della Regione Lazio. Una modalità simile a quella che utilizziamo nel Nursing Up: le esperienze di uno possono essere utili agli altri e viceversa. All’incontro erano presenti anche esponenti del sindacato Nursind. Di segui l’intervento di Claudio Fellone, relatore del documento di Nursing Up Lazio e referente per il Nursing Up Frosinone.

“Non avendo ricevuto in precedenza il testo della proposta di legge, ma solo pocanzi dal consigliere Barillari, ci riserviamo di valutarlo nei prossimi giorni e di inviarvi un ulteriore documento per integrare  quello che vi è stato ora distribuito, dove saranno riportate le nostre osservazioni e proposte.

La nostra premessa ricalca un po’ tutto quello che è stato detto: l’aumento dell’età media e della speranza di vita, l’aumento delle patologie cronico degenerative e quindi della popolazione cosiddetta “fragile”. Di conseguenza, sarà necessario l’aumento delle risorse economiche, quantificate in 4 miliardi di euro in più per il 2028.  

Nella rivista ‘Infermieri in rete’ della Fnopi, nell’articolo dell’Osservatorio nazionale sulla salute nelle regioni italiane del 18/02/2019, si fa una prospettiva al 2028, dove è previsto un aumento della spesa sanitaria di 4 miliardi di euro rispetto a oggi. È necessario quindi pensare e attuare un piano Marshall, con strategie innovative, proiettate nel futuro e che affrontino già da ora il problema per non trovarsi nel futuro nell’impossibilità di garantire l’assistenza a tutti, secondo i principi della nostra costituzione e del Servizio sanitario nazionale.

Prima l’onorevole Barillari parlava dell’infermiere di quartiere, io parlerei anche dell’infermiere di condominio. Nei corsi di laurea dove insegno da alcuni anni parlo agli studenti di questa possibilità. Basti pensare ai quartieri e ai grandi condomini di città, come Roma, che sono stati edificati 40-50 anni fa. In essi, probabilmente, si erano insediati coppie giovani o meno giovani che oggi sono anziane e che sono portatrici di bisogni assistenziali legate all’età e alle patologie cronico-degenerative. Ci vuole poco a capire che, oltre al portiere del condominio, in questi grandi condomini potrebbe risultare utile la presenza dell’infermiere, che promuoverebbe un’assistenza primaria di ‘iniziativ’ e della ‘prevenzione’, evitando in molti casi il ricorso improprio ai pronto soccorso e ad altri servizi sanitari.

Dobbiamo pensare all’infermiere di famiglia e di comunità come a quel professionista che integra altri servizi già in essere, ma a volte poco presenti o attuati, come l’assistenza domiciliare integrata e quelli garantiti dall’infermiere di farmacia, figura istituita con il DM 16/12/2010 (GU n.90 del 19/04/2011), che, pur strategico, è lasciato all’iniziativa dei responsabile delle farmacie. Il suo ruolo è solo in parte è legato all’assistenza. L’infermiere di famiglia e di comunità è un ‘educatore alla salute’ che aiuta la persona malata a recuperare la propria salute e a tutelarla, ma anche le persone sane, tutelando e promuovendo la salute attraverso interventi di educazione alla salute volti a incidere sulle cause e sui fattori di rischio che possono compromettere la salute stessa. Tale azione certamente deve coinvolgere anche coloro che ruotano attorno alle persone, cioè familiari, badanti, amici e comunque i caregiver.  

Riguardo alle competenze di questo professionista non sono sufficienti quelle dell’infermiere di base, ma è necessario che vengano conseguite ulteriori competenze attraverso dei master di primo livello. Sono già esistenti master che contemplano tutti e due gli aspetti famiglia e comunità, e cioè master di Infermieristica di famiglia e di comunità. Potrebbero essere coinvolte le università che li hanno promossi, affinché vengano recepite anche le istanze che la Regione, con l’istituzione dell’infermiere di famiglia e di comunità, si propone.

Per concludere, vorrei ribadire la necessità di pensare e attuare nuove strategie, che richiedono il coraggio di rischiare in qualcosa che ora appare quasi impossibile. Voi, con la proposta di legge che avete pensato e presentato, avete dimostrato di averlo questo coraggio. Ma non basta! Bisogna recepire anche le istanze della nostra professione, volte a migliorare tale proposta, e battersi affinché tale legge venga approvata e realizzata. Siamo sicuri che, se avrete il coraggio e la forza di farlo, i risultati nel medio-lungo termine, come già avvenuto in altri Paesi del Nord Europa, dove è stato attuato, si vedranno, e voi potrete dire alle future generazioni che siete stati attori protagonisti di questo cambiamento”.

Io, Laura Rita Santoro, come responsabile regionale, ho continuato sulla stessa linea di Claudio Fellone. Ho dichiarato che, secondo Nursing Up, il riconoscimento dell’infermiere di famiglia, è la certificazione di una peculiarità infermieristica che spesso è posta in essere per dote naturale dagli eredi nostrani di Florence Nightingale. La creazione di una figura riconosciuta potrebbe far emergere anche del lavoro nero? Nei giorni precedenti all’audizione pensavo e studiavo quello che avrei voluto dire, e mi sono ricordata che io stessa sono stata un’infermiera di famiglia e/o di condominio. Io, prima che negli Stati Uniti, ho sentito parlare dell’infermiere di famiglia, dalle mie vicine di casa.

Ero l’unica infermiera nel condominio dove abitavo. Come infermiera, ho curato gratuitamente: un ragazzino con una fistola anale, che avrebbe dovuto essere medicata in ospedale, sottoponendo il paziente a rischio d’infezione nosocomiale; un malato terminale, portato in ospedale, ma riportato a casa perché avevano la certezza che potevano contare su di me in qualsiasi momento. L’anziano morì in grazia di Dio, sereno, in seno alla famiglia, risparmiando soldi per il ricovero e molti disagi. Ho anche soccorso un’anziana caduta dalle scale durante l’uso dell’aspirapolvere.

Il problema, però, non può essere affrontato come le case della salute nella Regione Lazio. Io farei una lista di infermieri di famiglia, così come esiste una lista di medici di famiglia. Lascerei la scelta dell’infermiere di famiglia, così come avviene per i medici, agli utenti. Come Nursing Up, non vediamo di buon occhio un infermiere di famiglia che nasca come costola di un medico di famiglia. Potrebbe essere una splendida possibilità occupazionale per molti infermieri, ma anche per infermieri stanchi e provati, con esperienza ospedaliera importante. Un valore da non perdere!

Si chiudono posti letto in ospedale, ma non si pensa a dove deve essere accudito un paziente cronico. L’infermiere di famiglia potrebbe coprire un gap notevole. Ci è anche stato detto che la proposta di legge 106 avrebbe potuto essere più articolata, ma a causa del commissariamento non si può fare di più. Tutto ciò mi ha lasciato un po’ perplessa, perché il commissariamento è legato a problemi economici. L’infermiere di famiglia potrebbe far risparmiare soldi e portare un servizio migliore all’utenza. Quindi dovrebbe poter trovare spazio comunque.

Redazione Nurse Times

ALLEGATO: Proposta di legge n. 106 del 6 febbraio 2019

 

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