Un’infermiera dipendente dell’allora Azienda ospedaliera «Bolognini» di Seriate è stata condannata a risarcire l’azienda ospedaliera per la quale lavorava all’epoca dei fatti di un importo complessivo di 66.000 euro.
La professionista aveva pensato di arrotondare il suo stipendio di dipendente pubblico lavorando presso due case di riposo private nei frequenti periodi di malattia o infortunio sul lavoro.
La concomitanza dei bonifici effettuati dagli amministratori della struttura con i periodi di assenza forzata dall’ospedale (compresi tra il mese di giugno 2006 e ottobre 2007) ha insospettito gli inquirenti generando precedenti risvolti penali.
L’infermiera è già stata infatti condannata in via definitiva dal Tribunale di Bergamo a due mesi e 20 giorni di reclusione e a 100 euro di multa (al termine di un giudizio con rito abbreviato) per truffa aggravata (commessa ai danni della suddetta azienda ospedaliera, nonché dell’Inps e dell’Inail).
La 67enne, si è sempre difesa facendo riferimento
«a una serie di dolorose vicende personali ed economiche, le quali avrebbero integrato uno stato di bisogno e di necessità». Della vicenda hanno finito per occuparsi anche i giudici della Corte dei Conti . Ma se in primo grado la sezione lombarda aveva optato per una richiesta di risarcimento del danno patrimoniale più contenuta (14 mila euro), la sezione d’appello, attivata da un atto di impugnazione della Procura erariale lombarda, ha inasprito la pena, condannando l’infermiera convenuta a risarcire all’azienda ospedaliera di Seriate oltre 66 mila euro.
Tale somma è equivalente ai compensi ricevuti per le attività extra-lavorative. I giudici contabili hanno condannato la donna specificando che «per quelle attività si è guardata bene dal chiedere preventivamente un’autorizzazione all’azienda ospedaliera» e perché l’infermiera «non ha mai riversato a vantaggio dell’Azienda ospedaliera quei compensi». Agendo un questo modo ha infranto i principi cardine di comportamento imposti per legge a tutti i dipendenti pubblici.
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