Riprendiamo dal quotidiano La Stampa una lettera che Mario, immobile a letto da dieci anni, ha scritto al ministro Speranza e al premier Draghi.
Carissimi Roberto Speranza, ministro della Salute, e Mario Draghi, presidente del Consiglio. Io ho 43 anni e dieci anni fa, a causa di un incidente stradale, ho subito la frattura della colonna vertebrale con la conseguenza di una lesione, tra le altre cose, del midollo spinale. Vivo immobile in un letto, nella mia stanza, assistito, curato e amato. Ed è proprio per tutelare la mia famiglia e la mia privacy che pubblicamente sono solo Mario.
Vi scrivo questa lettera perché a distanza di quasi un anno dalla richiesta di verifica delle mie condizioni inviata all’Asur Marche per accedere legalmente al suicidio assistito, così come previsto dalla sentenza Cappato della Corte Costituzionale, si sono tenute due udienze nel Tribunale di Ancona. L’ ultima decisione conferma il mio diritto alle verifiche mediche con parere del comitato etico, affinché io possa ottenere nella piena legalità la prescrizione del farmaco letale.
Ma ad oggi l’Asur Marche non ha ancora predisposto una visita medica per controllare il mio stato di salute e accertare se sono in possesso dei quattro requisiti richiesti dalla sentenza n. 242/19 della Consulta, sentenza che per legge è direttamente applicabile dal giorno dopo della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. Ancora non c’è il parere del comitato etico, perché non ci sono state le verifiche necessarie.
Non riesco a capire questo comportamento e la scelta di non rispettare questo mio diritto e di violare una sentenza della Corte Costituzionale e anche disapplicare la decisione del Tribunale di Ancona. Vi chiedo di fare subito questo controllo, per verificare se ho una malattia inguaribile. Che essendo tetraplegico, ho. Se sono tenuto in vita da sostegni vitali. E visto che ho il catetere da dieci anni, vado di corpo con manovre invasive e dolorose e sono assistito ventiquattr’ore su ventiquattro e dipendo pure da un pacemaker, direi che sono in possesso anche di questa condizione.
Verifichiamo se sono perfettamente cosciente e lucido nelle decisioni che prendo. Non ne avrete dubbi, come sul tema dei dolori fisici e psicologici: soffro costanti dolori che interessano la zona del collo, della colonna vertebrale, delle spalle. Le scapole, i muscoli e la vescica. Oltre alle umiliazioni che sono costretto a subire dovute a tutte queste patologie, per me non più accettabili. La mia dignità finora mi ha portato a sopportare questa condizione, ma c’è un limite ed io questo limite l’ ho oltrepassato. Quel poco di forza rimasta la voglio usare per ottenere una morte dignitosa per me, così come affermato dalla Corte costituzionale, che difende le libertà di noi tutti perché sancite dalla legge.
Chiedo solo di essere libero di porre fine alle mie sofferenze e morire in Italia, nel mio paese, vicino a chi amo, senza essere costretto a emigrare all’estero, ipotesi che sono anche arrivato a prendere in considerazione. Certo, lo so, potrei accedere alle cure palliative come mi è stato ricordato dall’Asur Marche. Ma sarebbe una morte atroce sia per me che per i miei cari. Nel vedere il mio corpo consumarsi lentamente, sotto sedazione, dopo giorni e giorni. Per me è inaccettabile anche il solo pensiero. Perché non posso decidere io della mia vita?
Mi state privando della poca libertà rimasta. Non mi sto lasciando andare, perché prendo tutti i medicinali prescritti, faccio esami del sangue ogni sei mesi, faccio tutto ciò che devo. Ma ultimamente i dolori sono in continuo aumento: anche respirare risulta sempre più doloroso, come il parlare, sempre a causa della lesione alta del midollo spinale. Il mio cuore spesso è in tachicardia, ho avuto emorragie nel cambiare il catetere.
Il mio stato di salute è questo. Sono consapevole della mia condizione e so che andando avanti con l’età le cose peggioreranno ancora. Mi è bastato vedere come le complicazioni si siano velocemente evolute in questi ultimi dieci anni. Chi ha il diritto di dirmi di continuare a soffrire? Nessuno può impormi tutto questo, in un Paese civile. Così come ho il diritto alle cure, ho il diritto di porre fine alle mie sofferenze.
È un dovere rispettare la decisione del malato. Telefonatemi, rispondetemi con una mail, ditemi dove e quando incontrarci. Sono a vostra disposizione. Senza questa verifica e il parere del comitato etico nessuno potrà prescrivere alcun farmaco. Non ho bisogno che qualcuno mi spieghi quanto sia bella la vita. Che ne abbiamo una sola e che questa vada vissuta fino alla fine. Questo, per me, significa sopravvivere. Vi ringrazio per l’attenzione e rimango in attesa di una Vostra risposta.
Redazione Nurse Times
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