Con il termine analfabetismo funzionale si intende l’incapacità di un individuo ad usare in modo efficiente le abilità di lettura, scrittura e calcolo nelle situazioni della vita quotidiana.
Un’analfabeta funzionale, ricorda l’OCSE, è una persona in grado di scrivere il proprio nome e magari capace di aggiornare il proprio status su Facebook, ma incapace di “comprendere, valutare, usare e farsi coinvolgere con testi scritti per intervenire attivamente nella società, per raggiungere i propri obiettivi e per sviluppare le proprie conoscenze e potenzialità”.
Questo fenomeno si chiama analfabetismo funzionale e riguarda quasi 3 italiani su 10.
Un’analfabeta funzionale, anche se apparentemente autonomo, non comprende i termini scritti in una polizza assicurativa, non capisce il senso di un articolo pubblicato all’interno di un quotidiano, non è capace di riassumere e di appassionarsi ad un testo scritto, non è in grado di interpretare un grafico.
Un’analfabeta funzionale traduce il mondo paragonandolo esclusivamente alle proprie esperienze dirette, proprio come molti infermieri fanno quotidianamente nella pratica clinica.
Una determinata procedura, fondata sulla “Regola dell’abbiamo sempre fatto così” diventa corretta sulla base delle esperienze personali del professionista.
“Io faccio in questo modo, gli altri non so”
“Con il mio metodo tutti i pazienti sono sempre stati benissimo”
Un’analfabeta funzionale non è capace di costruire un’analisi che tenga conto anche delle conseguenze indirette, collettive, a lungo termine, lontane per spazio o per tempo delle proprie azioni.
Spesso mi è capitato di parlare di lettura con i miei colleghi infermieri.
Mi è venuto in mente di consigliare ad una collega la lettura di un libro che avevo appena terminato.
Lei mi rispose, candidamente: “Grazie, ma io non leggo libri.”
Chiesi: “Proprio mai?”
“Mai – rispose la collega – l’ultimo libro l’ho letto quando ho preso la maturità, perché dovevo portarlo all’esame. Non ho mica tempo, per leggere, e poi mi annoio”.
Quale diga potrà fermare il crollo verticale della cultura degli italiani, infermieri compresi?
Analizzando i dati OCSE è possibile osservare come il 47% degli italiani si informi, voti e lavori utilizzando capacità analitiche elementari.
Un italiano su due, trovandosi di fronte ad una situazione complessa, sarà capace di trarre solo una comprensione basilare.
L’Italia sembra essere la patria dell’analfabetismo funzionale. La non evoluzione della Professione Infermieristica potrebbe essere correlata all’incapacità dell’Infermiere medio di comprendere quanto scritto dalla normativa anche qualora la lacuna di conoscenza venga colmata?
Quanti degli oltre 400.000 Infermieri operanti in Italia riesce davvero a comprendere quanto riportato nelle molte normative che regolano la professione effettuando un ragionamento complesso finalizzato a far evolvere la professione?
Simone Gussoni
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