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La vacanza-sfida di Domenico: «Con la macchina per la dialisi nel baule della mia moto»

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La vacanza-sfida di Domenico: «Con la macchina per la dialisi nel baule della mia moto»
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Domenico Gallo, 42enne dializzato, ha voluto dimostrare al mondo intero come la sua condizione di salute possa non risultare un ostacolo insormontabile per chi ha intenzione di vivere una vita pressoché “normale”.

«Chi l’ha detto che un dializzato non può fare il giro d’Italia?»

Queste sono state le parole dell’uomo, che anni fa è stato sottoposto a trapianto di rene donato dal padre. Poco dopo però è stato costretto a sottoporsi a dialisi peritoneale. Dall’età di 27 anni gestisce autonomamente un complesso dispositivo denominato “Homechoice Clara” della Baxter, che lui chiama ironicamente “la mia Clara” e che ormai lo segue ovunque.

Un anno fa l’ha messa in una valigia speciale imbarcandola per la prima volta in aereo. Ora stab effettuando il giro del mondo che ha pianificato in ogni minimo particolare.

Ad ogni tappa, in albergo, «troverò ad attendermi il liquido necessario per il trattamento di dialisi peritoneale – spiega – che il produttore attraverso la clinica Maugeri di Pavia, dove sono in cura da sempre, mi avrà spedito». Non ci sono precedenti, aggiunge Domenico Gallo con un pizzico di orgoglio.

Gallo si è sempre dedicato al lavoro e allo sport. È un piccolo imprenditore edile ed un ex campione italiano di karatè, disciplina che ha però dovuto abbandonare a causa delle sue condizioni di salute.

«Oggi devo evitare gli sport da contatto – continua – ma la malattia non mi impedisce di coltivare altri sogni, come i viaggi e i giri in moto».

Non sarà solo in questa avventura: sette tappe, 400 chilometri al giorno, partenza da Pavia, dove vive, arrivo in Calabria, dove è nato. Attraverserà Toscana, Abruzzo, Molise, Puglia. «Faremo la Costiera Amalfitana ovviamente», aggiunge. E non sarà solo. Con lui, ci saranno due angeli custodi, Lorenzo e Veronica, appassionati biker.

«Sono i miei care givers». A chi gli domanda perché lo faccia – quasi tremila chilometri in una settimana sono una bella prova – risponde: «Per dimostrare che un dializzato è una persona normale. Non è più come 30-40 anni fa, quando si era costretti a fare la dialisi in ospedale. Si può avere una vita normalissima se lo si vuole quando ero ancora bambino i miei genitori – racconta ancora – si sono trasferiti per lavoro a Torrazza Coste (Pv), nell’Oltrepò Pavese.

Mi sono ammalato di glomerulonefrite all’età di 13 anni. E dopo una decina di anni sono entrato in dialisi, perché ero peggiorato e avevo sviluppato una insufficienza renale terminale. Ho fatto la dialisi per nove mesi, poi gli esami per il trapianto da donatore vivente e infine l’intervento all’ospedale di Bergamo, dal professor Remuzzi, grazie al rene donato da mio padre. Questo mi ha permesso di andare avanti per qualche anno, ma poi ci sono state infezioni, complicanze e di nuovo ecco aprirsi la porta della dialisi».

La tecnologia ha fortunatamente compiuto passi enormi. «Mi hanno proposto la dialisi peritoneale, si fa a casa dopo un breve addestramento in ospedale. In sostanza, ho un catetere nel peritoneo attraverso il quale la sera quando vado a letto mi collego alla macchina. Mentre dormo, Claria “lava” il mio sangue attraverso un sistema di scambio di liquidi nel peritoneo. Un ciclo di otto ore. Io dormo e la mattina quando mi alzo sono come nuovo».

Il suo viaggio avrà inizio il 25 luglio, con una Enduro. Ha fatto realizzare uno speciale bauletto ammortizzato su misura per poter trasportare il cycler per la dialisi. Ad ogni tappa riceverà tutto il materiale necessario.

Simone Gussoni

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